21 Novembre 2021

RSPP - Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione: orientamenti della Suprema Corte

L’articolo 2, lett. f)  del TU 81/08 definisce il  “«responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione;” ed il successivo art. 17  prevede che il datore di lavoro non può delegare la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. Da qui l'importanza della sua figura nel sistema della sicurezza.

L’unico caso che costituisce una eccezione di carattere esimente, è quello contemplato dall’articolo 34 TU 81/2008  il quale prevede che, rispettate alcune condizioni, il datore di lavoro stesso assuma l’incarico e le funzioni di RSPP dai rischi, dandone preventivamente comunicazione alle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza.

Il D.Lgs. 81/2008 stabilisce quindi che all’interno di un’azienda è obbligatoria la presenza di un RSPP che può essere sia un interno dell’azienda (dipendente) che un professionista esterno, generalmente un ingegnere o un architetto, tant’è che l’art. 55 prevede una sanzione penale in caso di mancata nomina.

Il ruolo di professionista e l’importanza che la normativa attribuisce al servizio di prevenzione e protezione espongono il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ad una pluralità di responsabilità, sia di natura civile che di natura penale.

Le mansioni del RSPP

I compiti del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione sono dettagliatamente previsti dall’art. 33 TU 81/2008.

La sua mansione si caratterizza per lo svolgimento, all'interno della struttura aziendale, di un ruolo non gestionale ma di consulenza, cui si ricollega un obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le indicazioni tecniche per risolverli, all'occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti, ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori.

Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ha un ruolo meramente consultivo e, cioè, " ha una funzione di ausilio diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nelle scelte delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di formazione e informazione dei dipendenti" (così Cass. pen., Sez. IV. 10/1/2018 n. 4941).

Può accadere, però, che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione riceva e accetti, o comunque svolga, magari di propria iniziativa anche incarichi operativi in materia di sicurezza del lavoro. Nel qual caso quel soggetto potrà essere chiamato a rispondere non solo per il ruolo consultivo ma anche per le funzioni operative accettate o comunque svolte. Con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, sarà chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn).

Va da sé che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione seppur non dotato di poteri decisionali, ha l'obbligo di conoscere e segnalare una situazione negativa e conseguentemente l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione.

La responsabilità penale del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione

Tra le questioni oggetto di maggiore dibattito tra gli studiosi vi è la configurabilità di una posizione di garanzia, ovverosia di un obbligo di impedimento ex art. 40 c.p. in capo al RSPP quale titolare delle funzioni di sorveglianza,  consulenza e supervisione, seppur sprovvisto di poteri propri inerenti alla predisposizione dei presidi di sicurezza.

E seppur il D.Lgs. 81/08 non prevede specifiche sanzioni penali per il RSPP e che non abbia svolto adeguatamente il suo compito, non significa però ch’egli non possa incorrere in una responsabilità di natura penale.

Ritenuto pacifico che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non è un delegato ma un consulente del datore di lavoro deve ritenersi che può essere chiamato a rispondere del verificarsi di un infortunio ogni qualvolta esso sia riconducibile ad una situazione pericolosa che avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare.

Si è chiarito (Cass. pen. Sez. IV, Sent., 25-06-2021, n. 24822) che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in quanto consulente del datore di lavoro, privo di potere decisionale, risponde dell'evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato o omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate (cfr. sez. 4 n. 49761 del 17/10/2019, Moi Loris, Rv. 277877).

Vanno, dunque, tenuti nettamente distinti il piano intellettivo/valutativo (proprio del RSPP) da quello decisionale/operativo (proprio di altri garanti, principalmente il datore di lavoro) e, quando si parla di evento determinato da scelte esecutive sbagliate, deve ricordarsi che tali scelte non spettano al RSPP, il quale non è presente tutti i giorni in azienda e non è tenuto a controllare le fasi esecutive delle lavorazioni.

L'esclusione di responsabilità del RSPP

Chiarisce però sul punto la Suprema Corte (Cass. pen. Sez. III, Sent.,14-10-2021, n. 37383) che il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione risponde dell'evento, in concorso con il datore di lavoro, solo se si fornisce adeguata dimostrazione che lo stesso abbia svolto in maniera negligente la sua attività di consulente del datore di lavoro, a seguito di errore tecnico nella valutazione dei rischi, per suggerimenti sbagliati o mancata segnalazione di situazioni di rischio colposamente non considerate.

Quindi il RSPP, pur avendo l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente l'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli non è automaticamente responsabile in concorso con il datore di lavoro.

Precisa la sentenza succitata che “Per contro, non può affermarsi - né lo ha fatto la sentenza rescindente - che gravi sul RSPP l'obbligo di controllare e assicurarsi che il datore di lavoro adempia alle misure di precauzione indicate nel DVR e che l'omesso svolgimento di questo compito, che la legge non prevede, faccia sorgere responsabilità per eventuali eventi lesivi, ex art. 40 cpv. c.p., essendo peraltro chiaro che il consulente non ha alcun potere di porre rimedio a consapevoli inottemperanze del datore di lavoro stesso rispetto alle misure di prevenzione specificamente indicate nel documento.”

Ed ha concluso la Suprema Corte, nella fattispecie presa ad esame, che non si poteva affermare, alla luce dei principi di diritto esposti, un obbligo del RSPP di attuare egli stesso le misure di prevenzione correttamente segnalate al datore di lavoro e indicate nel DVR ma da questi consapevolmente disattese, né di vigilare sulla loro osservanza.

La responsabilità civile del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione

La responsabilità penale non esaurisce l’ambito delle responsabilità del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione il quale, con l’assunzione dell’incarico, assume anche degli obblighi nei confronti del datore di lavoro, sia che si tratta di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione esterno all’azienda o comunque di RSPP interno che, per tale ruolo, riceve una specifica retribuzione.

Se dunque dalla sua consulenza derivano danni a qualcuno, il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione è obbligato al risarcimento danni classificandosi la sua responsabilità sia quale responsabilità extracontrattuale (o “da fatto illecito” o “aquiliana”) che quale responsabilità contrattuale.

La responsabilità extracontrattuale del RSPP

La responsabilità extracontrattuale, come noto, trova fondamento nell’art. 2043 c.c. il quale sancisce che qualunque fatto, doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

Tale norma è il fulcro su cui si fonda la parte prevalente della responsabilità civile del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione. Qualunque fatto “doloso o colposo” rappresenta che ogni azione, cosciente e volontaria, concretizzatasi sia per negligenza, imprudenza o imperizia, ove arrechi un danno a qualcuno, obbliga al suo risarcimento.

Conseguentemente una consulenza errata, l’inadempimento di cui all’art. 33 del D.Lgs. 81/08, sono tutte omissioni che, ove siano causa o concausa di un danno, obbligano il RSPP a risarcire personalmente il lavoratore leso, ovvero nei casi più gravi, i prossimi congiunti.

Siamo quindi difronte ad una responsabilità di cui possono avvalersi i soggetti lesi che, a causa della negligenza del RSPP,  lamentino dei danni, sia di natura patrimoniale sia di natura non patrimoniale.

La responsabilità contrattuale del RSPP

Il conferimento dell’incarico quale Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e la conseguente accettazione si configura come un contratto a prestazioni corrispettive in cui il  RSPP assume gli obblighi di cui all’art. 33 D-Lgs. 81/2008, di consulenza e collaborazione con il datore di lavoro, in forza di un corrispettivo economico da parte di quest’ultimo.

Trattasi di un contratto d’opera professionale, tanto più perché il RSPP, anche se non iscritto in uno specifico albo, esercita palesemente un’attività lavorativa intellettuale avendo dei requisiti previsti dallo stesso D.Lgs. 81/08.

Il RSPP, in quanto soggetto qualificato ed adeguatamente formato ed aggiornato è tenuto pertanto ad assolvere alle obbligazioni contrattuali legate al suo ruolo con la diligenza del buon professionista. Da ciò consegue che nel caso in cui il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non adempia con la necessaria diligenza all’incarico ricevuto, ad esempio in relazione ad una omessa o erronea consulenza, potrebbe vedersi contestato l’inadempimento contrattuale ed il datore di lavoro avanzare richiesta danni per l’eventuale danno subito.

Concludendo

Che il RSPP, sia esso interno o esterno all’azienda, non goda, per dirla tutta, di un’ ampia autonomia decisionale è un dato prevedibile atteso che le eventuali pressioni del datore di lavoro vuoi per optare ad  eventuali soluzioni economicamente più convenienti, vuoi per procrastinare gli interventi necessari, dovuti anche e soltanto a sottovalutazione del rischio, possono limitare l’esercizio dei propri compiti con le eventuali conseguenze su illustrate e di cui non tutti i RRSSPP ne hanno piena cognizione.

Difatti, dalle esperienze sul campo, emerge che alle indiscutibili competenze tecniche del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non trovano, generalmente, corrispondenza la conoscenza degli aspetti giuridici con la conseguenza che il RSPP non ha piena consapevolezza delle conseguenze del suo operato.

Al di là, pertanto, di una auspicabile formazione affinché prenda coscienza anche dei risvolti giuridici conseguenti alle sue azioni, sarebbe auspicabile, nell’interesse degli stessi, che una norma di legge o la stessa contrattazione collettiva preveda l’obbligatorietà di una polizza assicurativa che, in particolare l' RSPP interno, difficilmente ha provveduto a stipulare.

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