La responsabilità del committente trova la sua norma di riferimento nell’art. 26 del T.U. 81/2008 il quale stabilisce alcuni obblighi in capo al committente connessi ai contratti di appalto e relativamente ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera.
L’obbligo della sicurezza del lavoratore si collega quindi non solo al datore di lavoro, ma altresì al committente, con la conseguente potenziale responsabilità di quest’ultimo nel caso di infortunio sul lavoro.
Va comunque precisato che la responsabilità del committente non è considerata come alternativa a quella del datore di lavoro, il quale è sempre responsabile dell’accertamento delle condizioni di sicurezza dei propri lavoratori, ma si impone la verifica dell’effettiva posizione assunta da ciascun soggetto nella dinamica dell’evento.
Lo scopo della norma è quello di tutelare tutti i soggetti che, a vario titolo, concorrono a raggiungere, la finalità dell’intero ciclo produttivo attuato dall’imprenditore-datore di lavoro.
La Suprema Corte ricorda che la normale diligenza e prudenza deve sempre sovrintendere alle attività imprenditoriali, e pertanto si rende necessario che un imprenditore non solo provveda alla sicurezza dei propri dipendenti, ma anche garantisca la sicurezza all’interno della propria azienda anche a chiunque fosse chiamato a lavorarvi, a qualsiasi titolo (Cass. pen., Sez. IV, 31 luglio 2018 n. 36715).
Va accertata, difatti, l’incidenza dei diversi soggetti nelle cause che hanno prodotto l’infortunio, i criteri che ha seguito il committente nella scelta dei soggetti cui affidare i lavori, l’ingerenza nell’ affidamento dei lavori, la predisposizione di misure di coordinamento, gli obblighi di formazione e informazione con particolare riferimento ai pericoli esistenti nell’ambiente di lavoro e nelle mansioni svolte da ciascun lavoratore.
"In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, per valutare la responsabilità del committente, in caso di infortunio, occorre verificare in concreto l' incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo” (Cass. pen., Sez. IV, Sent., 19/10/2022, n. 39485).
L’appalto è un contratto con il quale il committente incarica l’appaltatore di realizzare un’opera o un servizio, dietro il pagamento di un prezzo pattuito che quest’ultimo dovrà realizzare a suo rischio e con mezzi propri, provvedendo ad organizzare sia i mezzi personali e materiali utili alla realizzazione, oltre al rischio di non riuscire nell’esecuzione.
Le attività svolte dal personale esterno si aggiungono con quelle eseguite dal personale interno del committente o con quelle eseguite da altro personale esterno relativo ad altra azienda presente nelle stesse aree di lavoro, andando a realizzare, quindi, i cosiddetti rischi interferenziali.
Difatti il succitato art. 26 prevede che il soggetto che affida il contratto redige il documento di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI) recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della prestazione che potrebbero potenzialmente derivare dall’esecuzione del contratto, configurandosi, in caso di omissione, la responsabilità del committente.
Ai fini dell'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all'esistenza di un rischio interferenziale, dettati dal citato art. 26, ha precisato la Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. IV, Sent.17.09.2020 n.26132) che occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro, quali il contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione, ma all'effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte.
La ratio della norma è quella di tutelare i lavoratori appartenenti ad imprese diverse che si trovino ad interferire le une con le altre per lo svolgimento di determinate attività lavorative e nel medesimo luogo di lavoro.
In particolare, è quella di far sì che la responsabilità del committente sia esclusa laddove appresti all' interno della propria azienda quanto necessario al fine di prevenire ed evitare i rischi aggiuntivi detti interferenziali, derivanti cioè dalla contemporanea presenza di più imprese che operano sul medesimo luogo di lavoro, attivando e promovendo percorsi condivisi di informazione e cooperazione, soluzioni comuni di problematiche complesse, rese tali dalla sostanziale estraneità dei dipendenti delle imprese appaltatrici all'ambiente di lavoro dove prestano la propria attività lavorativa (Cass. pen., Sez. IV, Sent., 09/08/2022, n.30809).
La responsabilità del committente, come precisano i giudici di Piazza Cavour (Cass. pen., Sez. IV, Sent. 10 settembre 2021 n. 33595), trova fondamento nella sua autonoma posizione di garanzia in quanto questi può essere chiamato a rispondere dell’infortunio subito dal lavoratore qualora l’evento si colleghi causalmente ad una sua colpevole omissione, specie nel caso in cui la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini.
Appare opportuno prendere le mosse dalla previsione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, commi 3 e 4, che recita: "3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l’impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell’incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione.
4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'art. 98".
L'obbligo (di nominare il coordinatore per la progettazione e l'esecuzione dei lavori) imposto per aggirare la responsabilità del committente riveste, all'evidenza, fondamentale importanza in quanto il coordinatore per l'esecuzione dei lavori ex D.Lgs. n.81 del 9 aprile 2008, art. 92, oltre ad assicurare il collegamento tra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle stesse.
Deve applicare le scrupolose procedure a garanzia dell’incolumità dei lavoratori nonché adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni (Cass. pen., Sez. IV, Sent., 31/05/2022, n. 21072).
Orbene, tale essendo il quadro e la ratio normativa di riferimento, appare chiaro che alla violazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, consegua la responsabilità del committente nell’infortunio sul lavoro che, con la sua condotta omissiva, abbia colposamente contribuito alla realizzazione dell’evento.
La responsabilità del committente nell’infortunio sul lavoro affiora con la violazione degli obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione sempre che il datore di lavoro abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo, come sancisce il primo comma dell’art. 26 suindicato.
Precisa l’art. 62 T.U. 81/2008 che si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione dello stesso testo unico, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro.
Nella nozione di "luogo di lavoro", rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche e di escludere la responsabilità del committente, rientra infatti ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa, finalità che possono essere sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro e ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività (Cass. pen., Sez. IV, Sent. 24 novembre 2022 n. 44654).
La responsabilità del committente nell’infortunio sul lavoro si fonda altresì sulla violazione dell’art. 26, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 81 del 2008, in ragione dell’inadeguata scelta operata della società appaltatrice, per non aver verificato l’idoneità tecnico-professionale a svolgere l'attività di cui al contratto d’appalto.
Tale culpa in eligendo, per come reiteratamente chiarito dalla Corte di legittimità, sussiste laddove il committente, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, ometta di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, in quanto l'obbligo di verifica di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 90, lett. a), non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (Cass. pen., Sez. IV, Sent.,18/10/2022, n.39126).
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro per valutare la responsabilità del committente nell’infortunio sul lavoro, occorre verificare in concreto l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Cass. pen., Sez. IV, Sent.,18/10/2022, n.39126).
Il rischio derivante dalla conformazione dell'ambiente di lavoro determina la responsabilità del committente nell’infortunio sul lavoro, perché, inerendo all'ambiente di lavoro, non è riconducibile alla natura specialistica dei lavori commissionati all' impresa appaltatrice.
Il committente privato non professionale che affidi in appalto lavori di manutenzione domestica, pur non essendo tenuto a conoscere, alla pari di quello professionale, le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale, ha comunque l'onere di scegliere adeguatamente l’impresa, verificando che essa sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A., che sia dotata del documento di valutazione dei rischi e che non sia destinataria di provvedimenti di sospensione o interdittivi ai sensi del D.Lgs. n.81 del 9 aprile 2008, art. 14, altrimenti assumendo su di sé tutti gli obblighi in materia di sicurezza (Cass. pen., Sez. IV, Sent., 31/05/2022, n.21072).
L'art. 2 comma 1° lett b) D.Lvo 81/2008 afferma che è datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni il "dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo;"
La Suprema Corte, difatti (Cass. pen, Sez. IV, Sent., 08-07-2021 n.42062), ha acclarato che in materia di ripartizione delle responsabilità tra Sindaco e funzionari in caso di infortuni sul lavoro del dipendente, va premesso che, nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, D.L. 30 marzo 2001, n. 165 (fra cui rientrano le Amministrazioni comunali), per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale.
Ad ogni buon conto, ove il funzionario non avente poteri decisionali abbia assunto di fatto poteri direttivi, non può escludersi la sua responsabilità atteso che l’art. 299 del D.Lgs. 81/2008, titolato “Esercizio di fatto di poteri direttivi” prevede che “Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.”
Il principio di effettività di cui al citato art. 299, come precisa la Suprema Corte (Cass. pen., Sez. IV, Sent., 19/01/2022, n. 2157) “…è stato dettato dal legislatore in chiave ampliativa del novero dei soggetti gravati dalla posizione di garanzia, come reso evidente dalla presenza dell'avverbio "altresì" in funzione qualificativa del verbo "gravare".
Inoltre giova richiamare a tal proposito la Suprema Corte (Cass. pen., Sez. IV, Sent., 11/01/2022, n.425) la quale ha da tempo chiarito che se sono più i titolari della posizione di garanzia, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha originato la singola posizione di garanzia. E da qui la responsabilità del committente per ogni garante.
E ancora precisa che, quando l'obbligo di impedire un evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in momenti diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 c.p., comma 1.
Conclusivamente l’interpretazione cui è giunta la giurisprudenza (Cass. pen., Sez. IV, Sent., 09/08/2022, n. 30809) è nel senso di ritenere che il committente ex art. 26 sia un vero e proprio datore di lavoro, e non un soggetto privato. Ne deriva che la disciplina di cui all'art. 26 cit. ha come ambito di applicazione l'azienda, il ciclo produttivo, sempre che il datore di lavoro abbia la disponibilità giuridica dei luoghi ove si svolge l'appalto.