La procedura di rientro al lavoro dopo l’infortunio non segue un iter standard, ma il percorso è diverso a seconda se l’infortunio sia causa o meno di disabilità e se, a causa della disabilità, sia possibile essere reintegrati nelle proprie mansioni se le condizioni lo consentono, oppure ottenere un diverso ruolo lavorativo.
Ricordiamo innanzitutto che gli infortuni si dividono, in base ai casi, su due criteri, ovvero con prognosi fino a tre giorni o superiore.
Nel primo caso, se la prognosi indicata nel certificato non sia pari o inferiore a tre giorni di calendario non è previsto l’obbligo di presentazione di un certificato di chiusura per il rientro al lavoro. Laddove, invece, siano consegnati ulteriori certificati medici di continuazione dell’infortunio, il datore di lavoro è obbligato a presentare, sempre entro le 48 ore successive al ricevimento del secondo certificato medico, le denunce alle autorità competenti.
Nel secondo caso, se la prognosi indicata nel certificato rilasciato dal pronto soccorso e confermata dal medico curante è superiore a tre giorni, il datore di lavoro ha l’obbligo, entro le 48 ore successive al ricevimento del certificato medico, di presentare denuncia per infortunio all’INAIL e all’autorità di Pubblica Sicurezza, tassativamente entro due giorni dalla ricezione del certificato medico. Se il termine dei due giorni scade in un giorno festivo, la denuncia dovrà essere trasmessa entro il giorno feriale successivo a quello festivo. Nel caso, poi, di infortunio che causi la morte o possa provocarla, la denuncia va fatta entro 24 ore.
La procedura di rientro al lavoro dopo l’infortunio non si perfeziona se allo scadere del termine, ovvero dei giorni di assenza dal lavoro assegnato dal medico del pronto soccorso, l’infortunato non sia ancora guarito. In tale caso il lavoratore si presenterà dal medico di famiglia, ovvero al pronto soccorso o anche negli ambulatori INAIL alfine di attestare la prosecuzione dell’infortunio.
Può accadere, però, che decorsi i giorni della prognosi e disposta la visita all’INAIL, l’Istituto decida di chiudere l’infortunio ritenendo che l’infermità sia venuta meno e che il lavoratore possa riprendere il suo lavoro, nonostante lamenti malessere e non si senta pronto a riprendere il lavoro.
A questo punto la procedura di rientro al lavoro dopo l’infortunio si complica atteso che il lavoratore non può far altro che rivolgersi al medico di base il quale, se ritiene fondato il suo cattivo stato di salute, deve prolungare la malattia dal giorno in cui non v’è più la copertura INAIL, precisando che la nuova prognosi è in relazione all’infortunio INAIL e così aprire la malattia Inps per non essere scoperto al lavoro e non incorrere così in una assenza ingiustificata.
La complicazione, se tale si può dire per i dovuti adempimenti, deriva dalla necessità di presentare ricorso contro l’INAIL per la chiusura anticipata.
Nell’eventualità che, ripresa l’attività lavorativa, il lavoratore infortunato avverta nuovamente i sintomi della pregressa malattia, la procedura di rientro al lavoro, prima perfezionatasi, prevede la riapertura della precedente pratica di infortunio come ricaduta.
Due sono le circostanze rilevanti: la prima, che per riaprire l’infortunio INAIL è necessario che vi sia stata una ripresa dell’attività lavorativa da parte del lavoratore infortunato; la seconda, è che non si tratti di una nuova diversa causa che abbia determinato la patologia, atteso che non saremmo più nell’ambito della ricaduta, bensì si tratterebbe di un nuovo infortunio.
Una volta guarito la procedura di rientro al lavoro dopo l’infortunio si perfeziona con la chiusura della pratica e così il lavoratore potrà tornare a svolgere le sue mansioni.
Ma cosa accade se il danno fisico subito dal lavoratore, ad esempio la perdita di una mano o di una gamba, rende impossibile l’esercizio delle mansioni che l’infortunato svolgeva in precedenza e, quindi, si palesa l'impossibilità di tornare a fare il lavoro di prima? Qual è, a questo punto, la procedura di rientro al lavoro dopo l’infortunio?
Ebbene, il lavoratore ha diritto al mantenimento del posto di lavoro e non può essere licenziato avendo titolo a svolgere diverse mansioni anche presso un’altra azienda riconoscendo l’ordinamento giuridico il suo diritto alla reintegrazione lavorativa.
Le persone con disabilità vantano un vero e proprio diritto soggettivo ad una sistemazione lavorativa ragionevole che può essere fatto valere, in sede di contestazione del licenziamento o della mancata costituzione del rapporto di lavoro, nei confronti dei datori di lavoro che non abbiano adottato i provvedimenti appropriati.
Il datore di lavoro, difatti, beneficiando di un finanziamento dell’INAIL è tenuto ad assicurare tutti gli interventi che si renderanno necessari per reintegrare il lavoratore nelle sue mansioni.
L’articolo 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nell’attribuire all’INAIL competenze in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro, opera un completamento del modello di tutela garantita dall’Istituto finalizzata, a seguito del verificarsi dell’evento lesivo, al reintegro dell’integrità psicofisica degli infortunati e dei lavoratori affetti da malattia professionale per un tempestivo reinserimento sociale e lavorativo, in coerenza con il sistema di protezione sociale contro i rischi da lavoro.
In attuazione di tale disposizione, con la determinazione presidenziale 11 luglio 2016, n. 258, l’Inail ha emanato il “Regolamento per il reinserimento e l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro”, recentemente modificato e integrato con la determinazione presidenziale 19 dicembre 2018, n. 527.
L’applicazione delle norme regolamentari è illustrata dalla circolare n. 51 del 30 dicembre 2016 relativa agli interventi mirati a dare sostegno alla continuità lavorativa dei disabili da lavoro; dalla circolare n. 30 del 25 luglio 2017 sull’attivazione in via sperimentale di misure a sostegno dell’inserimento lavorativo in nuova occupazione a seguito di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Sulla materia sono successivamente intervenute le circolari n. 6 del 26 febbraio 2019 e n. 34 dell’11 settembre 2020.
Questi interventi sono finalizzati a dare sostegno alla continuità lavorativa degli infortunati e dei lavoratori affetti da malattia professionale, prioritariamente con la stessa mansione ovvero con una mansione diversa rispetto a quella alla quale l'assicurato era adibito precedentemente al verificarsi dell'evento lesivo.
Le tipologie di interventi previste dall’INAIL sono: interventi relativi al superamento e all’abbattimento delle barriere architettoniche nei luoghi di lavoro; interventi relativi all’adeguamento e all’adattamento delle postazioni di lavoro; interventi di formazione.
Tutti i lavoratori, quindi, che hanno subito una disabilità a seguito di infortunio possono valersi degli interventi finalizzati al reinserimento lavorativo, siano essi dipendenti, a tempo determinato o indeterminato, o autonomi che a seguito di un infortunio sul lavoro, anche in itinere o di una malattia professionale hanno subito un danno fisico o psichico che ha ridotto lo svolgimento delle sue mansioni o, comunque, lo ha reso più difficoltoso.
Difatti, alfine di ottenere gli adattamenti essenziali al reinserimento del lavoratore infortunato, l’INAIL nella circolare 34 dell’11 settembre 2020 sottolinea che è sufficiente che con la disabilità derivata dall’infortunio risulti più faticoso e più difficoltoso fare il proprio lavoro, pur restando idonei all’impiego.
In questo caso l’accertamento dei danni fisici o psichici e delle conseguenti limitazioni funzionali del lavoratore infortunato sono di competenza dell’INAIL.
Vanno esclusi dalle agevolazioni per la reintegrazione lavorativa coloro che non sono identificabili come lavoratori in senso stretto, anche se assistiti dall’INAIL (vedi studenti, casalinghe), così come i dipendenti pubblici assicurati attraverso il sistema della gestione per conto dello Stato, sempre attuato presso l’INAIL “per i quali le prestazioni erogate sono a carico del bilancio delle amministrazioni statali interessate” secondo la circolare 51 del 2016.
Il lavoratore infortunato o il datore di lavoro devono avanzare richiesta alla sede territoriale INAIL di poter usufruire degli interventi necessari al reinserimento lavorativo. Verificata la sussistenza dei requisiti, l’INAIL prepara un progetto di reintegro personalizzato e condiviso con l’azienda, sulla base delle necessità e dei bisogni concreti del lavoratore disabile.
Qualsiasi progetto di reintegro (vedi opuscolo INAIL 2022) personalizzato e condiviso con l’azienda prevede un finanziamento fino a 150.000,00 euro a fondo perduto, di cui 135mila euro (rimborso al 100%) sono destinati agli interventi di superamento o abbattimento delle barriere architettoniche (come inserimento di rampe o di dispositivi di sollevamento verticale, adeguamento dei percorsi verso la postazione di lavoro, accessibilità di ascensori e servizi igienici, modifica o automazione delle porte o degli infissi, interventi domotici) e agli adattamenti degli arredi della postazione di lavoro, degli strumenti (anche informatici) e dei mezzi usati per eseguire la propria mansione (rimborso al 100%).
La differenza, euro 15.000,00 è destinata a formare il lavoratore con disabilità all’utilizzo della nuova attrezzatura (rimborso al 60%).
È possibile richiedere, per una sola volta, un’anticipazione fino a un massimo del 75% dei costi del progetto, previa presentazione di fideiussione bancaria o assicurativa.
Il datore di lavoro può richiedere, per una volta soltanto, un anticipo fino al 75 % della spesa complessiva rimborsabile per la realizzazione dell’intero pacchetto degli interventi. E fino alla fine dei lavori, per un anno al massimo, riceve dall’INAIL il 60% della retribuzione versata al lavoratore con disabilità.