Il medico di famiglia può riaprire un infortunio sul lavoro se il lavoratore, dopo aver ripreso l’attività lavorativa avverte i sintomi, le patologie, collegate al precedente infortunio e lamenta quindi una recidiva della malattia subita a seguito dell’infortunio e per la quale aveva già usufruito di un periodo di astensione dal lavoro.
Parliamo quindi di riapertura dell' infortunio ed il medico di famiglia è legittimato a riaprire l'infortunio sul lavoro; ma solo se vi sia stata una iniziale ripresa dell’attività lavorativa da parte del lavoratore infortunato e sempre che non si sia trattato di una nuova causa che abbia determinato la malattia atteso che, in tal caso, saremmo di fronte ad un nuovo infortunio.
Deve cioè trattarsi di una cosiddetta ricaduta della patologia già denunciata.
Nell’eventualità quindi che, ripresa l’attività lavorativa, il lavoratore infortunato avverta nuovamente i sintomi della pregressa malattia, la procedura di rientro al lavoro, prima perfezionatasi, prevede la riapertura della precedente pratica di infortunio come ricaduta e, conseguentemente, il medico di famiglia può riaprire un infortunio sul lavoro.
Diverso è il caso in cui se allo scadere del termine, ovvero dei giorni di assenza previsti nel certificato medico, il lavoratore infortunato non sia ancora guarito.
In tale caso il lavoratore potrà presentarsi dal medico di famiglia, ovvero al pronto soccorso o anche negli ambulatori INAIL alfine di attestare la prosecuzione dell’infortunio. Non ci sarà ovviamente una riapertura dell’infortunio sul lavoro atteso che siamo di fronte ad un prolungamento della malattia che necessita pur sempre di una attestazione a cui è, comunque, legittimato anche il medico curante, ma non certamente ad una riapertura della pratica di infortunio atteso che il suo iter non si era ancora concluso.
Come abbiamo già precisato il medico di famiglia può riaprire un infortunio sul lavoro rilasciando al lavoratore un certificato di ricaduta dell'infortunio o di riammissione in temporanea laddove, successivamente alla ripresa della attività lavorativa può verificarsi la riacutizzazione di un processo morboso non legato all’intervento di una “nuova causa” ma conseguente ad un precedente infortunio o una malattia professionale già riconosciuti.
Il successivo periodo di inabilità si va a sommare al precedente, e decorre dal primo giorno di astensione dal lavoro, senza considerare il periodo di franchigia.
La liquidazione avviene sulla base della retribuzione percepita nei 15 giorni antecedenti la ricaduta, se più favorevole a quella presa a riferimento per il calcolo del primo periodo di inabilità.
È importante che nel certificato rilasciato sia specificato che si tratta di ricaduta dall’infortunio già comunicato e, quindi di una riammissione in temporanea (Fonte Inail).
Per consentire l’invio telematico dei certificati, è disponibile un’apposita procedura per la registrazione e la profilazione dei medici e delle strutture sanitarie che, nello svolgimento della propria attività, interagiscono con l’Istituto per l’invio del certificato medico di infortunio o di malattia professionale.
L’articolo 53 d.p.r.1124/1965, come modificato dall’articolo 21, comma 1), lettera b) del decreto legislativo in oggetto dispone che “qualunque medico presti la prima assistenza a un lavoratore infortunato sul lavoro o affetto da malattia professionale è obbligato a rilasciare certificato ai fini degli obblighi di denuncia di cui al presente articolo e a trasmetterlo esclusivamente per via telematica all’Istituto assicuratore.
Ogni certificato di infortunio sul lavoro o di malattia professionale deve essere trasmesso esclusivamente per via telematica all’Istituto assicuratore, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio, contestualmente alla sua compilazione.
La trasmissione per via telematica del certificato di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, di cui ai commi ottavo e nono, è effettuata utilizzando i servizi telematici messi a disposizione dall’Istituto assicuratore. I dati delle certificazioni sono resi disponibili telematicamente dall’istituto assicuratore ai soggetti obbligati a effettuare la denuncia in modalità telematica, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni.”
A tale riguardo, il Ministero della salute con circolare n. 7348 del 17 marzo 2016, ai fini dell’individuazione dei soggetti tenuti all’obbligo dell’invio telematico dei certificati medici ha chiarito il concetto di prima assistenza.
In proposito, la circolare recita: “il generico riferimento a qualunque medico, contenuto nella disposizione, non attiene a tutti i medici iscritti all’ordine che occasionalmente potrebbero, in situazioni di urgenza o di emergenza, essere chiamati ad intervenire per prestare un primo soccorso ad un soggetto vittima di infortunio. È da ritenere infatti che il riferimento a qualunque medico è necessariamente da circoscrivere alla sola previsione di richiesta di intervento professionale che rientri in una prestazione inquadrabile come “prima assistenza” intesa quale prestazione professionale qualificata rientrante nell’ambito di procedure organizzative strutturate per fornire assistenza medica, anche solamente di base”.
Da qui la legittimazione che il medico di famiglia può riaprire un infortunio sul lavoro.
Il medico di famiglia può riaprire un infortunio sul lavoro, ma ciò non significa che, automaticamente, l’Inail riconosca la ricaduta e quindi indennizzi il lavoratore infortunato.
L’istituto assicuratore infatti verifica, come del resto in ogni infortunio, la legittimità della richiesta e laddove non consideri accettabile la richiesta di riammissione in temporanea segnala il caso di dubbia competenza all’Inps, così come da convenzione stipulata tra i due Istituti.
Laddove, invece, ritenga meritevole di indennizzo l’avanzata richiesta riconosce anche i casi di riammissione in temporanea per i quali il lavoratore abbia ricevuto la prestazione ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. 38/2000 (indennizzo in capitale per danno biologico) come da Circolare Inail 4 agosto 2000, n. 57.
In questa circolare, infatti, viene precisato che “ L'avvenuta liquidazione dell'indennizzo in capitale del danno biologico non ha nessuna incidenza sulla misura della indennità giornaliera dovuta all'infortunato nel caso in cui egli successivamente all'evento indennizzato ricada in stato di inabilità temporanea assoluta o abbia necessità di cure o di accertamenti clinici, stante il carattere patrimoniale di quest'ultima prestazione (che ha, come noto, natura di indennizzo della perdita di guadagno).”
Si afferma il principio secondo cui la liquidazione di un indennizzo in capitale per danno biologico non risulta incompatibile con la prestazione dovuta per la riammissione in temporanea, in quanto l’indennizzo in capitale per danno biologico ristora il danno alla salute in sé e per sé considerato, mentre l’altra prestazione risulta di carattere patrimoniale in quanto copre la perdita di guadagno per la relativa astensione dal lavoro.
L’art. 89 T.U. sulla assicurazione obbligatoria, D.P.R. 1124/1965, sancisce che: “ Anche dopo la costituzione della rendita di inabilità l’Istituto assicuratore dispone che l’infortunato si sottoponga a speciali cure mediche e chirurgiche quando siano ritenute utili per la restaurazione della integrità psico-fisica.
Durante il periodo delle cure e fin quando l’infortunato non possa attendere al proprio lavoro, l’Istituto assicuratore integra la rendita di inabilità fino alla misura massima dell’indennità per inabilità temporanea assoluta.
I casi di riammissione in temporaneo danno diritto, pertanto, alla concessione di una prestazione economica cosiddetta integrazione della rendita diretta che è soggetta alle ritenute previdenziali di legge come l’indennità giornaliera per inabilità assoluta.
Per ottenere questa prestazione è comunque necessario essere titolari di una rendita diretta oltre alla richiesta della prestazione entro i termini di legge della rendita stessa, ovvero 10 anni per gli infortuni sul lavoro.
Trattasi di prestazione che si protrae per tutto il tempo della cura, la cui certificazione può essere disposta anche direttamente dai medici-legali dell’Inail e viene calcolata prendendo a riferimento, quale retribuzione giornaliera, i 15 giorni lavorativi precedenti la data di inizio della astensione dal lavoro, integrando la rendita già in godimento al 75% della retribuzione media giornaliera.