Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 15/09/2023, n. 26672
Il giudice civile, ai fini del proprio convincimento, può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un processo penale e, segnatamente (come nella specie), le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali, e ciò anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento in quanto il procedimento penale è stato definito ai sensi dell'art. 444 c.p.p.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto - Presidente -
Dott. MANCINO Rossana - Consigliere -
Dott. MARCHESE Gabriella - Consigliere -
Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere -
Dott. BUFFA Francesco - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25994-2017 proposto da:
A.A. Srl , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 31, presso lo studio dell'avvocato GIORGIA MINOZZI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIORGIO BOTTANI;
- ricorrente -
contro
I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati ANDREA ROSSI, LETIZIA CRIPPA, che lo rappresentano e difendono;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 724/2017 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 02/05/2017 R.G.N. 1538/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/07/2023 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.
Con sentenza del 2.5.17 la corte d'appello di Milano, confermando la sentenza del 2013 del tribunale di Lodi, ha accolto la domanda dell'Inail in regresso per il pagamento di Euro 103.492 per malattia professionale (silicosi) indennizzata a dipendente della società.
In particolare, la corte territoriale ha ammesso la domanda di regresso sebbene la sentenza penale aveva escluso responsabilità penale e, dall'altro lato, ha affermato la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c., per violazione delle misure relative ai dispositivi di protezione ed alle misure di protezione ambientale.
Avverso tale sentenza ricorre per un motivo il datore, cui resiste l'INAIL con controricorso.
Il Collegio si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito della decisione.
Il motivo lamenta violazione degli artt. 10 e 11 t.u.i.l.m.p., per avere la corte territoriale trascurato di applicare i principi penalistici in tema di responsabilità.
In particolare la parte deduce che, se la pronuncia penale resa nel giudizio cui l'INAIL peraltro non era stata parte per sua scelta non vincola il giudice civile chiamato a decidere sul regresso, tuttavia la pronuncia da parte del giudice civile sulla sussistenza del fatto tipico (che non può che essere quello già oggetto del processo penale) dovrà essere condotta con maggior rigore perlomeno nel caso in cui il giudice, applicando criteri penalistici, decida di discostarsi dalla precedente valutazione delle medesime prove utilizzate. Il motivo, pur suggestivo, è infondato, in quanto i giudici di merito -pur in presenza di una sentenza penale assolutoria-hanno ascritto la responsabilità della patologia alla società datrice di lavoro, non condividendo le argomentazioni rese del giudice penale, e ciò in quanto l'istruttoria svolta nel procedimento civile (come anche quella svolta nel processo penale) aveva evidenziato che, pur in presenza di una lavorazione di minerali per sua natura generatrice di polveri, nessun accorgimento tecnico era stato adottato per diminuire la concentrazione di polvere nell'ambiente di lavoro (pacificamente assenti gli aspiratori) ed i lavoratori non erano dotati di presidi per proteggere le vie aeree nè vi era alcun piano per la tutela della salute (non essendovi documento di valutazione dei rischi da diversi anni).
In altri termini, la corte territoriale ha fondato la sua decisione sulla base delle prove acquisite nel processo penale e nel processo civile risarcitorio, liberamente apprezzando e valutandole, e formando il proprio convincimento sulla base di ogni elemento dotato di efficacia probatoria, e potendo in tal modo pervenire anche a giudizio diverso da quello penale. Ciò è del tutto in linea con la giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato (Sez. L -, Sentenza n. 14570 del 12/06/2017, Rv. 644683 - 01) che il giudice civile, in presenza di una sentenza penale di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, pur priva di effetti vincolanti nel giudizio di accertamento della responsabilità del datore di lavoro per il decesso del dipendente a seguito di infortunio sul lavoro, può trarre elementi di convincimento dalle risultanze del procedimento penale ponendo a base delle proprie conclusioni gli elementi di fatto già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, sottoponendoli al proprio vaglio critico e valutandoli autonomamente (Nel medesimo senso, in precedenza già Sez. L, Sentenza n. 2028 del 23/02/1995, Rv. 490645 - 01, secondo la quale il giudice civile, adito dall'I.N.A.I.L. con azione di regresso nei confronti del datore di lavoro del soggetto infortunato, può valutare liberamente i fatti già esaminati dal giudice penale che, ritenendo l'accidentalità del fatto, abbia emesso provvedimento di non promovibilità dell'azione penale).
Ciò posto, il giudice civile, ai fini del proprio convincimento, può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un processo penale e, segnatamente (come nella specie), le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali, e ciò anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento in quanto il procedimento penale è stato definito ai sensi dell'art. 444 c.p.p., potendo la parte, del resto, contestare, nell'ambito del giudizio civile, i fatti così acquisiti in sede penale (Sez. L, Sentenza n. 2168 del 30/01/2013, Rv. 624889 - 01).
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in Euro 6000 per compensi professionali ed Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2023