La responsabilità del Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE) viene esaminata in questo articolo anche alla luce della recentissima sentenza della Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. IV. Sent. n. 6272 del 17/02//2025), costituendo questa figura uno dei pilastri fondamentali nella complessa architettura della sicurezza nei cantieri edili italiani. Si tratta di un professionista su cui gravano responsabilità significative, il cui operato può risultare determinante per prevenire infortuni e garantire la salute dei lavoratori. Ma quali sono esattamente queste responsabilità? Fino a che punto si estende il suo dovere di vigilanza? E quali conseguenze può affrontare in caso di inadempienze o omissioni?
In questo articolo, esploreremo in modo approfondito il quadro normativo, i compiti specifici e le diverse forme di responsabilità – civile, penale e amministrativa – che caratterizzano questa figura professionale. Che tu sia un professionista del settore, un committente o semplicemente interessato alla materia della sicurezza sul lavoro, questa guida ti fornirà tutti gli elementi per comprendere il ruolo cruciale del CSE nel panorama della prevenzione degli infortuni nei cantieri.
Prima di addentrarci nelle specifiche responsabilità, è fondamentale comprendere il contesto normativo in cui opera il CSE e quali sono i requisiti per ricoprire questo incarico.
Il D.Lgs. 81/2008 e il ruolo del CSE
Il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione trova la sua definizione e regolamentazione principale nel Decreto Legislativo 81/2008, noto anche come Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro. In particolare, l'articolo 92 del decreto delinea in modo preciso i compiti e le responsabilità di questa figura professionale.
Il legislatore ha voluto creare una figura autonoma, dotata di specifiche competenze tecniche e con un ruolo ben definito all'interno del sistema di prevenzione e protezione nei cantieri. Il CSE si inserisce in un quadro normativo che ha subito una significativa evoluzione a partire dal D.Lgs. 494/1996 (che recepiva la Direttiva cantieri 92/57/CEE), fino all'attuale configurazione nel Testo Unico.
La normativa italiana, in linea con le direttive europee, ha progressivamente rafforzato il ruolo del CSE, attribuendogli funzioni sempre più specifiche e, parallelamente, responsabilità sempre più delineate. Questo percorso normativo riflette la crescente consapevolezza dell'importanza della sicurezza nei cantieri e della necessità di figure professionali dedicate al suo presidio.
Per ricoprire il ruolo di CSE, non è sufficiente possedere una qualifica professionale di base. L'articolo 98 del D.Lgs. 81/2008 stabilisce requisiti specifici che combinano titolo di studio, esperienza professionale e formazione specialistica.
In primo luogo, il professionista deve essere in possesso di un titolo di studio adeguato: laurea in ingegneria, architettura, geologia, scienze agrarie o scienze forestali, laurea in tecniche della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, diploma di geometra, perito industriale, perito agrario o agrotecnico.
A questo requisito di base si aggiunge la necessità di un'esperienza professionale nel settore delle costruzioni, variabile in funzione del titolo di studio (da uno a tre anni). Infine, è obbligatorio aver frequentato uno specifico corso in materia di sicurezza, della durata di 120 ore, e partecipare a corsi di aggiornamento periodici.
Questi requisiti non sono una mera formalità, ma rappresentano la garanzia minima che il professionista possieda le competenze necessarie per affrontare le complesse responsabilità che caratterizzano il ruolo di CSE. La formazione continua, in particolare, risulta essenziale in un settore in costante evoluzione sia dal punto di vista tecnico che normativo.
Dopo aver delineato il quadro normativo, è importante comprendere quando è necessario nominare un CSE e quali sono i suoi compiti fondamentali.
Quando è obbligatorio nominare un CSE
La nomina del Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione non è sempre obbligatoria. L'articolo 90 del D.Lgs. 81/2008 stabilisce che tale figura deve essere designata quando in cantiere operano o si prevede che opereranno più imprese, anche non contemporaneamente.
Più specificamente, il committente o il responsabile dei lavori è tenuto a nominare il CSE prima dell'affidamento dei lavori nel caso di:
È importante sottolineare che la legge non prevede soglie dimensionali o economiche per l'obbligo di nomina del CSE: il criterio discriminante è esclusivamente la presenza di più imprese, indipendentemente dalla durata dei lavori o dall'entità dell'opera.
La tempistica della nomina è un aspetto cruciale: il CSE deve essere designato contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione esecutiva o, al più tardi, prima dell'affidamento dei lavori. Ogni ritardo nella nomina può configurare una responsabilità diretta del committente.
Spesso si genera confusione tra le figure del Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione (CSP) e il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE). Sebbene i requisiti formativi e professionali siano i medesimi, queste due figure operano in fasi diverse del processo costruttivo e hanno compiti distinti, seppur complementari.
Il CSP interviene durante la fase di progettazione dell'opera e ha il compito principale di redigere il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) e il Fascicolo dell'Opera. Il suo lavoro si concentra sulla prevenzione dei rischi attraverso scelte progettuali e organizzative adeguate.
Il CSE, invece, opera durante la fase di realizzazione dell'opera e ha il compito di verificare l'applicazione delle disposizioni contenute nel PSC, coordinare le attività delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, e aggiornare il PSC e il Fascicolo in relazione all'evoluzione dei lavori.
Sebbene si tratti di due figure distinte, nella pratica spesso lo stesso professionista ricopre entrambi i ruoli, garantendo così continuità tra la fase di pianificazione e quella di esecuzione. Questa soluzione può offrire vantaggi in termini di coerenza e completezza dell'approccio alla sicurezza, ma richiede al professionista una chiara consapevolezza delle differenti responsabilità connesse ai due ruoli.
L'articolo 92 del D.Lgs. 81/2008 elenca in modo dettagliato i compiti che il CSE è tenuto a svolgere. Questi possono essere raggruppati in diverse categorie funzionali:
Questi compiti non sono meramente formali, ma costituiscono il nucleo essenziale dell'attività del CSE e la base su cui si fondano le sue responsabilità. L'efficace adempimento di questi obblighi richiede non solo competenze tecniche, ma anche capacità di comunicazione, leadership e gestione dei conflitti.
Le responsabilità civili del CSE derivano principalmente dalle disposizioni del Codice Civile in materia di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, applicate al contesto specifico della sicurezza nei cantieri.
La culpa in vigilando
Uno degli aspetti più delicati della responsabilità civile del CSE riguarda la cosiddetta "culpa in vigilando", ovvero la responsabilità derivante da un'inadeguata vigilanza sull'applicazione delle misure di sicurezza previste.
Il CSE ha l'obbligo di verificare che le imprese esecutrici rispettino le disposizioni del PSC e la normativa sulla sicurezza. Questa verifica non può limitarsi a un controllo formale della documentazione, ma deve estendersi a un'effettiva vigilanza sulle concrete modalità operative adottate in cantiere.
Tuttavia, è importante sottolineare che la giurisprudenza ha progressivamente chiarito che il dovere di vigilanza del CSE non può tradursi in un obbligo di presenza continua in cantiere o in un controllo minuzioso di ogni singola attività. Il CSE non è responsabile della vigilanza quotidiana, che resta in capo ai datori di lavoro, ai dirigenti e ai preposti delle imprese esecutrici.
La responsabilità del CSE si configura piuttosto come un dovere di alta vigilanza, che si concretizza in verifiche periodiche e interventi in caso di evidenti o segnalate violazioni delle norme di sicurezza. L'intensità e la frequenza di questa vigilanza devono essere proporzionate alla complessità del cantiere e alla pericolosità delle lavorazioni in corso.
Il nesso causale tra omissione e infortunio
Per configurare una responsabilità civile del CSE in caso di infortunio, non è sufficiente dimostrare una generica inadempienza ai suoi obblighi. È necessario che sussista un nesso causale diretto tra l'omissione specifica del coordinatore e l'evento dannoso.
Questo nesso causale può configurarsi in vari modi:
La valutazione del nesso causale richiede un'analisi dettagliata delle circostanze concrete in cui si è verificato l'infortunio e del comportamento che il CSE avrebbe dovuto tenere in quelle specifiche circostanze. Non si tratta di una responsabilità oggettiva, ma di una responsabilità per colpa che presuppone la violazione di specifici obblighi di diligenza professionale.
La giurisprudenza civile ha progressivamente delineato i contorni della responsabilità del CSE attraverso numerose pronunce. Alcuni orientamenti consolidati riguardano:
Un esempio significativo è costituito da una sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la responsabilità di un CSE per un infortunio causato dall'assenza di parapetti in un'area di lavoro in quota, nonostante tale rischio fosse chiaramente identificato nel PSC. Il CSE, pur avendo effettuato periodici sopralluoghi, non aveva rilevato o segnalato questa grave carenza.
Le responsabilità penali rappresentano probabilmente l'aspetto più delicato e temuto del ruolo di CSE, in quanto possono comportare conseguenze personali particolarmente gravi.
Reati contravvenzionali specifici
Il D.Lgs. 81/2008 prevede specifiche sanzioni penali per le violazioni degli obblighi del CSE. In particolare, l'articolo 158 stabilisce che il coordinatore che non adempie agli obblighi di cui all'articolo 92, comma 1, lettere a), b), c), e) ed f), e comma 2, è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
Si tratta di reati contravvenzionali, per i quali è quindi prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda. Questi reati si configurano come reati di pericolo, nel senso che per la loro consumazione non è necessario che si verifichi un effettivo danno (come un infortunio), ma è sufficiente la mera violazione dell'obbligo previsto dalla legge.
Le violazioni più frequentemente contestate ai CSE riguardano:
Tali reati sono soggetti al meccanismo di estinzione previsto dal D.Lgs. 758/1994, che consente al contravventore di evitare il processo penale attraverso il pagamento di una sanzione amministrativa, previa regolarizzazione della violazione.
Oltre alle specifiche contravvenzioni previste dal Testo Unico, il CSE può essere chiamato a rispondere a titolo di concorso nei reati più gravi (lesioni personali colpose o omicidio colposo) in caso di infortunio.
Questa forma di responsabilità si configura quando l'omissione dei controlli o degli interventi dovuti ha contribuito causalmente al verificarsi dell'evento lesivo. In questi casi, il CSE risponde per non aver impedito l'evento che aveva l'obbligo giuridico di prevenire, in applicazione del principio generale stabilito dall'articolo 40, comma 2, del Codice Penale: "Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo".
La giurisprudenza ha chiarito che il concorso del CSE può configurarsi sia come concorso attivo (quando, ad esempio, approva un POS inadeguato), sia come concorso omissivo (quando omette di intervenire di fronte a evidenti violazioni delle norme di sicurezza).
Il fondamento della responsabilità penale del CSE risiede nella sua "posizione di garanzia" rispetto alla sicurezza dei lavoratori in cantiere. Il CSE è titolare di un obbligo giuridico di protezione che gli impone di attivarsi per prevenire eventi dannosi a carico dei soggetti protetti.
Questa posizione di garanzia non è però illimitata, ma circoscritta agli specifici obblighi previsti dalla legge. Come ha chiarito la Cassazione in numerose pronunce, il CSE non è responsabile della vigilanza continua e minuziosa su tutte le attività del cantiere, né può sostituirsi al datore di lavoro nelle sue responsabilità primarie.
La posizione di garanzia del CSE si concretizza piuttosto in un obbligo di alta vigilanza, che si traduce nel dovere di verificare periodicamente l'effettiva attuazione del PSC, di coordinare le attività delle imprese e di intervenire tempestivamente in caso di irregolarità o pericoli rilevati.
Un aspetto particolarmente delicato della responsabilità penale del CSE riguarda le omissioni di controllo. Poiché la legge impone al coordinatore di verificare l'applicazione del PSC e la corretta gestione delle interferenze tra le imprese, la mancata effettuazione di questi controlli può configurare una responsabilità penale.
Tuttavia, è importante sottolineare che l'omissione penalmente rilevante non può essere identificata in una generica carenza di vigilanza, ma deve consistere nella mancata effettuazione di controlli specifici, in momenti particolarmente critici o in relazione a lavorazioni particolarmente pericolose.
Ad esempio, è stata riconosciuta la responsabilità di un CSE che, pur effettuando periodici sopralluoghi, non aveva mai verificato l'adeguatezza dei sistemi di protezione collettiva contro le cadute dall'alto, nonostante il PSC evidenziasse questo rischio come particolarmente significativo.
D'altra parte, la giurisprudenza ha escluso la responsabilità del CSE in casi di infortuni determinati da comportamenti imprevedibili dei lavoratori o da carenze organizzative interne alle singole imprese, non rilevabili attraverso i normali controlli di competenza del coordinatore.
Oltre alle responsabilità civili e penali, il CSE può incorrere anche in responsabilità di natura amministrativa, che possono determinare sanzioni pecuniarie o limitazioni all'esercizio dell'attività professionale.
Sanzioni amministrative previste dal T.U. sulla sicurezza
Il Testo Unico sulla sicurezza non prevede sanzioni amministrative dirette a carico del CSE. Tuttavia, in caso di violazione degli obblighi previsti dall'articolo 92, il CSE è soggetto alle sanzioni penali (arresto o ammenda) previste dall'articolo 158.
In applicazione del meccanismo previsto dal D.Lgs. 758/1994, queste violazioni possono essere "depenalizzate" attraverso l'adempimento alle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza e il pagamento di una sanzione amministrativa pari a un quarto del massimo dell'ammenda.
È importante sottolineare che questo meccanismo non rappresenta una vera e propria sanzione amministrativa, ma una modalità di estinzione del reato contravvenzionale, che mantiene quindi la sua natura penale fino al momento del pagamento della sanzione.
Il procedimento sanzionatorio a carico del CSE si articola tipicamente nelle seguenti fasi:
Questo meccanismo è particolarmente rilevante per il CSE, in quanto offre la possibilità di evitare le conseguenze più gravi delle violazioni attraverso la regolarizzazione tempestiva e il pagamento di una sanzione ridotta.
L'analisi della giurisprudenza costituisce un elemento essenziale per comprendere l'effettiva portata delle responsabilità del CSE, poiché le pronunce dei tribunali hanno progressivamente chiarito e delimitato gli obblighi previsti dalla legge.
Orientamenti della Cassazione Penale
La sentenza della Corte di Cassazione su richiamata (Cass. Pen., Sez. IV. Sent. 6272 del 17/02//2025) ha delineato con precisione i confini delle responsabilità del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuziones e dei suoi obblighi.
Dall'analisi della sentenza emerge che, sebbene al coordinatore non competa una sorveglianza operativa quotidiana sulle specifiche attività lavorative, permane in capo allo stesso l'obbligo di assicurare l'adeguamento del PSC all'evoluzione dei lavori e la concreta implementazione delle misure di sicurezza ivi contemplate.
La Suprema Corte ha infatti affermato che: «Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, sebbene non abbia un obbligo di vigilanza continua sulle singole lavorazioni, deve comunque verificare che le misure di sicurezza previste nel PSC siano coerenti con l'effettivo stato del cantiere e, in caso contrario, adottare gli opportuni aggiornamenti.»
In tale contesto, la Cassazione ha sottolineato la necessità di una lettura integrata del PSC e del POS, evidenziando l'obbligo del coordinatore di intervenire qualora si manifestino rischi emergenti non adeguatamente contemplati nei Piani Operativi di Sicurezza.
Sul punto, la Corte ha rilevato nel caso sottoposto alla sua attenzione che: «Il rischio della formazione di gelate e di conseguenti scivolamenti, non imprevedibile, non era contemplato nel PSC e non aveva trovato adeguata cautela.»
Si è pertanto ritenuto che il coordinatore avesse sia la facoltà che l'obbligo giuridico di intervenire per garantire l'adeguamento del PSC alle effettive condizioni di rischio riscontrabili nell'area di cantiere.
In merito alla sospensione dei lavori, la Corte ha precisato che tale obbligo non grava esclusivamente sui datori di lavoro e sui preposti, ma può estendersi anche al coordinatore laddove il pericolo sia direttamente percepibile o comunque desumibile dalle informazioni in suo possesso.
La sentenza precisa infatti che: «L'obbligo di sospendere le lavorazioni in caso di pericolo grave e imminente sussiste indipendentemente dalla presenza fisica del coordinatore in cantiere al momento dell'evento. Egli avrebbe dovuto adottare provvedimenti tempestivi in base alle informazioni disponibili.»
Dalla pronuncia in esame si evincono pertanto i seguenti principi:
La Corte ha quindi confermato la condanna, ritenendo che il coordinatore avrebbe dovuto:
La sentenza in commento consolida l'orientamento secondo cui il coordinatore per la sicurezza non può limitarsi ad un controllo meramente formale, ma deve assumere un ruolo proattivo nell'adeguamento delle misure di prevenzione e protezione.
Orientamenti in sede civile
Anche la giurisprudenza civile ha contribuito a delineare i contorni della responsabilità del CSE. Alcune pronunce significative hanno riguardato:
Di fronte a un quadro di responsabilità così articolato, è fondamentale che il CSE adotti strategie e strumenti adeguati per tutelarsi e, al contempo, garantire un efficace adempimento dei propri obblighi.
Assicurazione professionale
La stipula di un'adeguata polizza assicurativa rappresenta il primo e fondamentale strumento di tutela per il CSE. La polizza dovrebbe coprire non solo la responsabilità civile per i danni causati a terzi nell'esercizio dell'attività professionale, ma anche le spese legali per la difesa in procedimenti penali.
È importante prestare particolare attenzione ad alcuni aspetti della polizza:
Oltre alla polizza specifica per l'attività di CSE, può essere opportuno valutare l'adesione a fondi di solidarietà o altri strumenti collettivi di tutela promossi da ordini professionali o associazioni di categoria.
Una corretta e completa documentazione dell'attività svolta rappresenta un elemento cruciale per la tutela del CSE in caso di contestazioni o contenziosi.
È consigliabile predisporre e conservare con cura:
Questa documentazione non ha solo una finalità difensiva, ma rappresenta anche uno strumento operativo per garantire la continuità e l'efficacia dell'attività di coordinamento, consentendo di monitorare nel tempo l'evoluzione del cantiere e l'adempimento delle prescrizioni impartite.
Un'efficace strategia di prevenzione per il CSE passa necessariamente attraverso la costruzione di un sistema di coordinamento con le altre figure coinvolte nella gestione della sicurezza in cantiere.
In particolare, è fondamentale stabilire modalità operative chiare e condivise con:
Un coordinamento efficace non si esaurisce nella definizione di procedure formali, ma richiede la costruzione di relazioni di fiducia e collaborazione, basate su una comunicazione chiara, tempestiva e trasparente. Il CSE deve essere in grado di esercitare la propria autorità in modo fermo ma costruttivo, evitando approcci conflittuali che potrebbero compromettere l'efficacia della sua azione.
La figura del Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE) rappresenta un pilastro fondamentale nell'architettura normativa della sicurezza nei cantieri edili. Dall'analisi approfondita del quadro legislativo e giurisprudenziale emerge chiaramente come su tale professionista gravino responsabilità significative e multiformi, la cui piena comprensione risulta imprescindibile sia per i professionisti del settore che per i committenti.
Il CSE si trova in una peculiare posizione di garanzia nei confronti della sicurezza dei lavoratori, caratterizzata da un obbligo di "alta vigilanza" che, pur non traducendosi in una presenza continua in cantiere, implica un controllo sostanziale e non meramente formale sull'applicazione delle misure di sicurezza previste. Tale posizione determina l'insorgere di potenziali responsabilità civili, penali e amministrative, ciascuna con caratteristiche e conseguenze specifiche.
Di fronte a questo articolato quadro di responsabilità, appare indispensabile per il CSE adottare una strategia preventiva imperniata su tre elementi cardine: una copertura assicurativa adeguata, una rigorosa documentazione dell'attività svolta e un efficace coordinamento con le altre figure della sicurezza. Solo attraverso un approccio proattivo e sistematico alla gestione della sicurezza, il CSE può adempiere efficacemente al proprio ruolo e, contestualmente, tutelarsi da potenziali contestazioni.
In conclusione, il CSE rappresenta una figura professionale la cui rilevanza travalica gli aspetti formali per incidere concretamente sulla tutela della salute e sicurezza nei cantieri. L'evoluzione normativa e giurisprudenziale testimonia la crescente consapevolezza del legislatore e della magistratura circa l'importanza di questa figura, il cui operato può risultare determinante per prevenire infortuni e garantire condizioni di lavoro sicure in un settore, quello delle costruzioni, storicamente caratterizzato da elevati indici di rischio.