19 Maggio 2024

La responsabilità del committente per infortunio mortale sul lavoro

La responsabilità del committente per infortunio mortale sul lavoro è stata oggetto di esame dalla recente ordinanza della Suprema Corte, Sez. Lavoro, 7 maggio 2024 n. 12324. Essa rappresenta uno degli aspetti più critici e complessi della legislazione sulla sicurezza in ambiente lavorativo. Questa tematica coinvolge non solo gli aspetti legali al rispetto delle normative vigenti, ma anche questioni etiche e di governance aziendale.

Di fronte alla tragedia di un infortunio mortale sul lavoro, la legge italiana impone ai committenti di lavori una serie di doveri e responsabilità, i cui contorni sono stati definiti e affinati attraverso vari interventi legislativi e giurisprudenziali.

In questo articolo, esamineremo come la normativa e la recente ordinanza della Suprema Corte (Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, Sent. 7 maggio 2024 n. 12324) delineino il ruolo del committente nella prevenzione degli infortuni, con un focus particolare sulla diligenza richiesta nella scelta e nel controllo delle imprese appaltatrici e sulla necessità di un impegno attivo nella gestione della sicurezza sul lavoro.

La tutela della salute e sicurezza sul lavoro, difatti, è un tema centrale nella legislazione italiana, che impone rigorosi doveri sia ai datori di lavoro che ai committenti di opere e servizi.

In particolare, il decreto legislativo n. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro) ha introdotto specifici obblighi per i committenti, il cui mancato rispetto può comportare significative responsabilità civili e penali.

L’ ordinanza n. 12324 del 7 maggio 2024 della Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, offre una fondamentale riflessione su tali responsabilità, in particolare riguardo agli infortuni mortali sul lavoro, offrendo un'interpretazione dettagliata delle norme in materia e del loro impatto sul ruolo del committente.

Contesto e fatti del caso

La responsabilità del committente per infortunio mortale è il caso oggetto dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 12324 del 7 maggio 2024. E riguarda un tragico infortunio sul lavoro che si è verificato il 18 dicembre 2009. Un operaio, durante il suo primo giorno di lavoro per la ditta "X", è precipitato da un varco aperto sul tetto di un capannone industriale. L'edificio era di proprietà della “Y Spa”, una società che aveva commissionato lavori di ristrutturazione. La vicenda tragica ha posto in rilievo le responsabilità legate alla sicurezza sul lavoro, in particolare quelle del committente dei lavori, in questo caso la “Y Spa”.

La “Y Spa” aveva affidato la ristrutturazione del proprio capannone industriale alla ditta "X", che aveva a sua volta subappaltato parte dei lavori a un'altra impresa. Tuttavia, le misure di sicurezza adottate sul posto di lavoro si sono rivelate inadeguate. L'infortunio mortale sul lavoro è avvenuto perché l'area del varco sul tetto non era stata adeguatamente segnalata o protetta, nonostante la pericolosità evidente.

L'operaio, un giovane al suo primo giorno di lavoro, non era stato informato adeguatamente sui rischi specifici presenti nel cantiere e sulle misure di prevenzione e di emergenza in atto. Inoltre, la Corte d'Appello di Milano ha rilevato che non c'era stata una verifica dell'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici da parte di “Y Spa”, come invece prescritto dall'art. 26 del D.Lgs. 81/2008. Questa negligenza ha contribuito significativamente all'accaduto e così accertare la responsabilità del committente per infortunio mortale sul lavoro.

Analisi giuridica della sentenza

L’ Ordinanza della Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, ritenendo il committente parzialmente responsabile per l'infortunio mortale. La Corte ha evidenziato come il committente avesse fallito nell'assicurare che l'impresa appaltatrice e quella subappaltatrice adottassero le necessarie misure di sicurezza, nonostante il chiaro obbligo di vigilanza imposto dall'art. 26 del D.Lgs. 81/2008.

Nell’ordinanza n. 12324 del 7 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha offerto una lettura approfondita e significativa dell'articolo 26 del Decreto Legislativo n. 81/2008, il quale stabilisce gli obblighi specifici del committente nei confronti della sicurezza sul luogo di lavoro. Questo articolo è centrale per comprendere la portata delle responsabilità del committente nei confronti dei lavoratori impiegati nei cantieri temporanei o mobili, soprattutto quando questi ultimi sono gestiti da imprese appaltatrici o subappaltatrici.

L'articolo 26 impone al committente l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici, nonché di informarle adeguatamente sui rischi specifici esistenti nel luogo di lavoro e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate. La norma ha l'obiettivo di assicurare che tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro datore di lavoro diretto, operino in un ambiente sicuro e protetto.

La Corte ha enfatizzato che il committente non può limitarsi a una verifica superficiale o puramente formale dell'idoneità delle imprese appaltatrici. Piuttosto, è necessario un esame approfondito che accerti non solo la presenza di certificazioni o documentazioni standard, ma anche l'effettiva capacità ed esperienza dell'impresa di gestire i rischi specifici del cantiere in questione. Inoltre, il committente deve attivamente cooperare con l'appaltatore per garantire che le informazioni sui rischi e le misure di sicurezza siano effettivamente comprese e implementate.

Il punto nodale dell’ordinanza che riconosce la responsabilità del committente per infortunio mortale sul lavoro riguarda, quindi, l'interpretazione dell'art. 26, che impone al committente il dovere di verificare l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici e di informarle sui rischi specifici presenti nell'ambiente di lavoro. La Corte ha sottolineato come, nel caso di specie, non fosse stata condotta un'adeguata valutazione dei rischi, né erano state fornite informazioni sufficienti riguardo alle misure di prevenzione e sicurezza.

Responsabilità per "culpa in eligendo e "culpa in vigilando"

Nel contesto della sicurezza sul lavoro e della responsabilità legale, i concetti di "culpa in eligendo" e "culpa in vigilando" sono fondamentali per comprendere gli obblighi del committente nei confronti della sicurezza dei lavoratori coinvolti nei lavori che ha commissionato. Questi termini latini descrivono due tipi di negligenza che possono portare a responsabilità penali e civili, particolarmente rilevanti nelle situazioni di infortuni gravi o mortali sul lavoro.

La "culpa in eligendo" si riferisce alla colpa o alla negligenza nella scelta di una persona o di un'entità a cui delegare un compito. Nel contesto dell’ordinanza n. 12324 del 7 maggio 2024 della Corte di Cassazione, questo principio è stato applicato per valutare la responsabilità della “Y Spa” nella selezione delle imprese appaltatrici e subappaltatrici per i lavori di ristrutturazione del capannone industriale. La Corte ha esaminato se la “Y Spa” avesse effettuato una scelta diligente, valutando l'idoneità tecnico-professionale e la capacità delle imprese di gestire adeguatamente i rischi di sicurezza sul lavoro.

La negligenza nella scelta può derivare dalla mancata verifica delle qualificazioni, delle esperienze precedenti o della reputazione dell'impresa appaltatrice riguardo la sicurezza sul lavoro. In caso di inadeguatezza dell'appaltatore scelto, che porta a conseguenze dannose come infortuni o decessi, il committente può essere ritenuto responsabile per non aver selezionato con cura l'entità che doveva eseguire i lavori.

La "culpa in vigilando", invece, riguarda la mancanza di supervisione o monitoraggio adeguato delle attività delegate. Questo concetto è stato anch'esso cruciale nella valutazione della responsabilità della “Y Spa”. Nonostante la delega delle attività di ristrutturazione, come committente, la “Y Spa” manteneva l'obbligo legale di vigilare sull'operato delle imprese appaltatrici per assicurarsi che i lavori venissero eseguiti in sicurezza, in conformità con le norme vigenti.

L'obbligo di vigilanza implica l'esecuzione di controlli periodici, la richiesta di report sull'avanzamento dei lavori e sulle misure di sicurezza adottate, e l'intervento tempestivo in caso di rilevamento di pratiche non sicure o non conformi. La mancanza di tali azioni di controllo e intervento può configurare una culpa in vigilando, esponendo il committente a responsabilità per eventi dannosi causati da tale omissione.

Implicazioni pratiche e giuridiche

Questi concetti sottolineano l'importanza per i committenti di adottare un approccio attivo e diligente sia nella fase di selezione che in quella di gestione e controllo dei lavori commissionati. Non basta affidare il lavoro a terzi; è essenziale anche assicurarsi che i lavori vengano svolti in modo sicuro e conforme alle normative, attraverso una supervisione costante ed efficace.

La Corte di Cassazione con la sua interpretazione approfondita di questi principi, serve come un chiaro monito ai committenti sull'importanza delle loro responsabilità legali e sulla necessità di un impegno concreto nella prevenzione degli infortuni sul lavoro. Questo approccio non solo contribuisce a salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori ma riduce anche il rischio di significative conseguenze legali e finanziarie per il committente stesso.

L'ordinanza della Suprema Corte riflette un rafforzamento dell'interpretazione giuridica che mira a una maggiore tutela dei lavoratori, responsabilizzando non solo i diretti datori di lavoro, ma anche coloro che commissionano i lavori. Per i familiari delle vittime di infortuni mortali, questa sentenza rappresenta un precedente importante nella lotta per ottenere giustizia e riconoscimento delle responsabilità.

Conclusioni

L'analisi dettagliata delle normative sottolinea l'importanza di una rigorosa aderenza ai principi di sicurezza e di una supervisione attiva da parte dei committenti. Le implicazioni di questa sentenza estendono dunque il campo di azione e di responsabilità nell'ambito degli infortuni sul lavoro, sollecitando i committenti a una maggiore diligenza e attenzione verso la sicurezza nei luoghi di lavoro, specialmente in quei contesti in cui il rischio di infortuni è elevato.

Attraverso il caso di “Y Spa”, la Corte di Cassazione ha delineato un quadro di responsabilità che non permette ai committenti di sottrarsi alle loro responsabilità semplicemente delegando ad altri. Questo obbligo implica una verifica continua e approfondita delle condizioni di lavoro e delle politiche di sicurezza adottate dalle imprese appaltatrici, con l'obiettivo ultimo di proteggere la salute e l'integrità dei lavoratori.

In conclusione, l'ordinanza n. 12324 del 7 maggio 2024 segna un passo significativo nella giurisprudenza italiana relativa alla sicurezza sul lavoro, consolidando la nozione che la responsabilità del committente per infortunio mortale sul lavoro è una componente integrale della gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Questa decisione non solo serve da monito per i committenti riguardo alla serietà delle loro obbligazioni legali ma  influenza positivamente la cultura della sicurezza nel contesto lavorativo italiano.

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