L'infortunio del terzo estraneo all'organizzazione del lavoro è riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico.
Il garante della sicurezza risponde dell’infortunio accaduto al soggetto non dipendente dell’impresa se il fatto è avvenuto nella sede dell’azienda, ovvero in una unità della stessa, atteso che è tenuto a garantire la sicurezza del luogo per tutti i soggetti che vi si trovassero ad operare, ivi comprese le persone estranee all'ambito imprenditoriale.
La Suprema Corte ha ribadito (Cass. Pen., IV Sez. Sent. 9 novembre 2015 n.44793), che “in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, il soggetto beneficiario della tutela è anche il terzo estraneo all’organizzazione dei lavori, sicché dell’infortunio che sia occorso all' “extraneus” risponde il garante della sicurezza, sempre che l’infortunio rientri nell’area di rischio definita dalla “regola cautelare violata e che il terzo non abbia posto in essere un comportamento di volontaria esposizione a pericolo”.
E così ancora la Corte di legittimità (Cass. Pen, Sez. IV Sent. 15/04/2020, n.12180) secondo cui il soggetto beneficiario della tutela prevenzionistica, non è solo il lavoratore così come indicato dall’art. 2 lett. a del d.lgs 81/2008, bensì anche il terzo estraneo all’organizzazione aziendale. Il principio, si deduce dall’interpretazione giurisprudenziale attribuita all’art. 3 del d.lgs 81/2008 relativamente al campo di applicazione della normativa prevenzionistica.
Ne consegue l’ininfluenza che l’infortunio sia avvenuto in danno di un soggetto non dipendente dell’azienda nel cui ambito si sia verificato il fatto.
E’ pervenuta recentemente all’esame della Suprema Corte (Cass. pen., Sez. IV, Sent., 01/02/2022, n.3541) il presente caso.
Tizio, pensionato di anni 60, era un meccanico che aveva continuato ad avere rapporti con vecchi clienti, tra i quali Caio e Mevio; quest'ultimo lo consultava quando doveva provvedere alla manutenzione e riparazione degli autocarri Astra BM 40 Iveco.
I primi giorni di settembre 2013 Mevio aveva chiesto a Tizio di procurargli la raggiera del mozzo del ponte di traino di uno degli autocarri Astra, per cui quest'ultimo si era recato nell'area di proprietà di Caio, dove erano in deposito i bus dismessi della ditta GTT, per rilevare i codici dell'asse posteriore di uno di quei veicoli e verificare la compatibilità del pezzo con l'autocarro Astra.
La vittima (Tizio), dopo aver allentato i bulloni della ruota, aveva sollevato l'autobus con un sollevatore idraulico, aveva estratto la ruota dal mozzo, aveva sistemato in prossimità del sollevatore idraulico di colore blu il supporto di sicurezza rosso per mantenere il mezzo sollevato da terra, aveva poi riposizionato il sollevatore idraulico blu sotto il mozzo ruota per aumentare l'altezza da terra della parte inferiore del telaio dell'autobus e spostato il supporto di sicurezza rosso per leggere la sigla identificativa del pezzo.
Le circostanze che nel bagagliaio dell'auto di Tizio fosse stato trovato il pezzo da sostituire e che quel giorno egli indossasse la tuta da lavoro sono state ritenute prova del fatto che l'attività fosse programmata e che l'imputato avesse offerto la sua disponibilità a far recuperare il pezzo di ricambio da uno dei veicoli depositati.
Tuttavia, posto che Tizio aveva alzato il veicolo utilizzando attrezzi inidonei in rapporto al peso e all'instabilità del mezzo, sul quale non era in uso il sistema frenante, era rimasto schiacciato dal veicolo.
Ne consegue che in caso di incidente accorso ad un soggetto che non sia dipendente dell’impresa, come nel caso preso su descritto, sarà chiamato a risponderne il garante della sicurezza aziendale, a condizione però che l’infortunio rientri nell’area di rischio definita dalla regola cautelare violata, o sotto diverso profilo, rientri in quella tipologia di ipotesi che il datore di lavoro era tenuto a valutare preventivamente al fine di impiegare le dovute misure di prevenzione per controllare il rischio e così ridurre quanto più possibile l’evento dannoso.
Compito del titolare della posizione di garanzia è infatti quello di evitare situazioni lesive dell’integrità fisica delle persone, chiunque esse siano, legate all’esercizio delle attività lavorative, anche nell’ipotesi in cui tali rischi siano conseguenti ad eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati e dei terzi.
Si è però affermato che “la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso” (Sez. 4, n. 5404 del 08/01/2015, Corso, Rv. 262033; conforme Sez. 4, n. 24462 del 06/05/2015, Ruocco, Rv. 264128).
Più recentemente, ha precisato la Corte in relazione alla strage della stazione di Viareggio, che "la posizione di garanzia non è concetto da solo sufficiente a definire quale comportamento si sarebbe dovuto porre in essere; l'indagine va estesa alle pertinenti regole comportamentali, che si impongono nel caso concreto per la loro riconosciuta efficacia cautelare" (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021 Castaldo, in motiv.).
Dal concetto di rischio, alla cui concretizzazione deve ricondursi la regola cautelare, la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261106) ha desunto altri due concetti:
- il concetto di garante come gestore del rischio: l'obbligo di proteggere il lavoratore dai rischi spetta a colui che riveste una determinata qualifica, che ha un determinato ruolo, che deve garantire l'integrità del lavoratore dai rischi che corre nello svolgimento delle sue mansioni;
- il concetto di area di rischio: è garante è colui che ha il potere di gestire un determinato rischio e, d'altro canto, risponde a condizione che l'infortunio possa ricondursi all'area del rischio che quel soggetto ha il potere di gestire.
Si pone la questione di quali siano le persone della cui integrità psico-fisica il datore di lavoro sia garante in quanto destinatari della normativa antinfortunistica ai sensi dell’art. 1 D.Lgs. n. 81 del 2008.
Precisa la Suprema Corte che una prima risposta alla domanda se i creditori di sicurezza siano individuabili attraverso una più o meno estensiva interpretazione della definizione di "lavoratore" ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. a) vada ricercata nel percorso seguito sul tema sia dal legislatore che dalla giurisprudenza.
Nella disposizione dettata dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 2 la qualifica di lavoratore, creditore della sicurezza sul luogo di lavoro, era imperniata sull'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
La giurisprudenza di legittimità, però, aveva già evidenziato nella vigenza del D.Lgs. n. 626 del 1994 (Sez. F, 21 agosto 2007, n. 34995, Nacci, n. m.) che il testo dell'art. 2 modificato nel 1996 aveva posto l'accento, ai fini dell'individuazione della figura del datore di lavoro, non tanto sulla titolarità del rapporto di lavoro, quanto sulla responsabilità dell’impresa, sull’esistenza di poteri decisionali, facendo sostanzialmente leva sul parallelismo fra la titolarità di poteri di organizzazione e gestione e il dovere di predisporre le necessarie misure di sicurezza.
Tale ordine concettuale, continua la Suprema Corte, è stato poi accentuato dal venir meno, nella definizione di "lavoratore" presente nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. a) di ogni riferimento al rapporto di subordinazione.
La normativa in tema di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è stata, conseguentemente, in più occasioni ritenuta operante in relazione a tutte le forme di lavoro, anche nelle ipotesi in cui non sussistesse un formale rapporto di lavoro (Sez. 4, n. 17581 del 01/04/2010, Montrasio, Rv. 247093), fino ad ampliare l'ambito di esplicazione della posizione di garanzia a favore di terzi che frequentino le strutture aziendali (Sez. 4, n. 38991 del 10/06/2010, Quaglierini, Rv. 248850).
Per il datore di lavoro che abbia determinato l'insorgenza di una fonte di pericolo, la posizione di garanzia si mantiene non solo per i danni che possono essere provocati ai propri dipendenti ma, come abbiamo visto, anche ai terzi che frequentano le strutture aziendali.
In proposito si richiama la giurisprudenza della Corte di legittimità laddove è stata riconosciuta la sussistenza della posizione di garanzia del datore di lavoro, che aveva omesso di adottare le misure di sicurezza necessarie previste dalla legge, per la morte della moglie di un lavoratore, addetto ad operazioni comportanti esposizioni ad amianto, che aveva provveduto alla pulizia degli indumenti del marito (Sez. 4, n. 27975 del 15/05/2003, Eva, Rv. 226011).
Se il presupposto del ragionamento è questo, continuano i giudici di Piazza Cavour, l'iter decisionale dovrebbe però anche affrontare il tema dall'identificazione del creditore di sicurezza in rapporto alla regola cautelare che si assume violata.
Vi sono, infatti, alcune disposizioni antinfortunistiche che sono poste a presidio della sicurezza nell'ambiente di lavoro, ma presuppongono necessariamente l'esistenza di un rapporto di lavoro, come ad esempio le disposizioni concernenti l'informazione e la formazione dei lavoratori (D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 36-37); in simili ipotesi, l'accertamento della qualificazione della persona offesa quale lavoratore in senso stretto, sia pure in difetto di un formale contratto di assunzione, diventa imprescindibile.