1 Ottobre 2024

Il committente dei lavori dati in appalto ha l'obbligo di verificare l' idoneità tecnico-professionale dell' impresa

Cass. pen., Sez. IV, Sent., 05/09/2024, n. 33705

Costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte quella che vuole, in materia di responsabilità colposa, che il committente di lavori dati in appalto debba adeguare la sua condotta a fondamentali regole di diligenza e prudenza nello scegliere l'appaltatore e più in genere il soggetto al quale affida l' incarico, accertando che tale soggetto sia non soltanto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa.

Cass. pen., Sez. IV, Sent., 05/09/2024, n. 33705

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente

Dott. BELLINI Ugo - Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Relatore

Dott. BRANDA Francesco Luigi - Consigliere

Dott. ARENA Maria Teresa - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A. nato a R il (Omissis)

avverso la sentenza del 07/07/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO PEZZELLA;

Lette le conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 D.L. 137/2020 conv.

dalla I. n. 176/2020, come prorogato, in ultimo, ex art. 11, comma 7, D.L. 30 dicembre 2023, n.215,

conv. dalla I. 23 febbraio 2024 n. 18) , del P.G., in persona del Sost. Proc. gen. B.B., che ha chiesto il

rigetto del ricorso e del difensore della parte civile C.C., che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. L'odierno ricorrente A.A. veniva rinviato a giudizio, in uno con il coimputato non ricorrente D.D., per rispondere del delitto p. e p. dagli artt.113 e 589  comma 1 e comma 2 cod. pen., perché, in cooperazione colposa tra loro, il D.D. quale soggetto addetto ai comandi della autobetonpompa IVECO Margirus 410E tg. (Omissis) di proprietà della ALFA 164 sri, lo A.A. nella qualità di committente e responsabile dei lavori del cantiere sito in territorio di B, C.da S (avente ad oggetto la realizzazione di un prefabbricato destinato ad uffici a servizio di un deposito di oli minerali per uso commerciale) per negligenza, imprudenza ed imperizia, ed in particolare mediante le condotte di seguito specificate, cagionavano il decesso di E.E. - socio della DE-COS ECO Snc appaltatrice dei lavori - il quale utilizzando e manovrando il terminale oscillante della autobetonpompa IVECO Margirus 410E tg (Omissis) per l'erogazione del calcestruzzo, rimaneva folgorato da una scarica elettrica proveniente dai sovrastanti cavi dell'alta tensione. In particolare lo A.A. non richiedeva all'ENEL il distacco della corrente elettrica in transito sui cavi dell'alta tensione nell'arco temporale interessato alla posa in opera del calcestruzzo tramite braccio snodabile dell'autobetonpompa; il D.D. faceva passare il terminale oscillante dell' autobetonpompa a distanza inferiore a mt. 5,00 dai cavi dell'alta tensione in violazione dell'alt 83 D.Lgs. 81/2008, di modo che, a cagione del naturale movimento oscillante del terminale, si determinava il contatto tra questo ed i cavi dell'alta tensione, con conseguente folgorazione del E.E., addetto alla materiale posa in opera del calcestruzzo. In B il 7 agosto del 2014.

Il 12 luglio 2017, all'esito di giudizio abbreviato, il Gup del Tribunale di Siracusa dichiarava entrambi gli imputati colpevoli del reato loro ascritto, e, concesse le circostanze attenuanti generiche, operata la riduzione per il rito, li condannava alla pena di mesi dieci e giorni venti di reclusione ciascuno, che sospendeva, nonché al pagamento delle spese processuali. Condannava, infine, gli imputati al risarcimento del danno cagionato alla parte civile costituita nonché alla rifusione delle spese processuali dalla stessa sostenute.

2. La Corte di Appello di Catania, pronunciando sul gravame nel merito proposto da entrambi gli imputati, con la sentenza in epigrafe, in riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena agli stessi inflitta in mesi sei di reclusione, confermandone, dunque, l'affermazione di responsabilità.

La Corte territoriale, inoltre, ha revocato le statuizioni civili nei confronti del responsabile civile Alfa 164 Srl, condannando gli imputati alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile costituita nel grado.

La condanna a carico di Alfa 164 Srl quale responsabile civile, che non si è costituita in giudizio, è stata revocata in quanto tale parte non risulta avere mai ricevuto il decreto di citazione. Come rileva la sentenza impugnata, all'udienza del 5 luglio 2017, infatti, il difensore della parte civile, sul quale incombeva l'onere di notificare il decreto di citazione del responsabile civile Alfa 164 Srl, depositava la relata di notifica negativa del 28.06.2017 (ove si legge: "anzi non potuto notificare in quanto da informazioni ivi assunte è risultata trasferita F 28.6.2017"), di talché non si è mai costituito alcun rapporto processuale con la detta società che, pertanto, non può essere chiamata a risarcire i danni cagionati dal suo dipendente.

3. Avverso la pronuncia della Corte catanese ha proposto ricorso per Cassazione, il solo A.A., a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen., violazione di legge penale ed illogicità della motivazione.

Evidenzia il difensore ricorrente che, con la sentenza impugnata, la Corte territoriale ha ritenuto di confermare la sentenza di condanna a carico del proprio assistito, per non avere richiesto nella qualità di committente e responsabile dei lavori - il distacco della corrente elettrica in transito sui cavi dell'alta tensione nell'arco temporale interessato all'esecuzione di un lavoro con un'autobetonpompa, il cui braccio, toccando quei cavi, provocava la folgorazione dell'operaio addetto alla manovra del mezzo.

In ricorso si evidenzia che occorre stabilire cosa accade nel caso in cui la documentazione a tutela dei lavoratori, conforme alle prescrizioni di cui D.Lgs. 81/2008, abbia preso in considerazione il rischio che ha poi determinato l'evento, predisponendo le cautele a protezione del lavoratore. Si evidenzia, infatti, che dall'esame del Documento di Valutazione dei Rischi e del Piano Operativo di Sicurezza emerge che il rischio da elettrocuzione era stato ampiamento scandagliato, prescrivendosi che non potessero essere eseguiti lavori non elettrici in vicinanza di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti di cui alla tabella 1 dell'allegato IX, salvo che venissero adottate disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi (il richiamo è alla pag. 11 del POS sottoscritto dalla vittima). E a pag. 31 dello stesso piano - si evidenzia - è specificato che durante l'uso dell'autopompa per getto doveva essere rispettata la distanza di 5 metri da linee aree elettriche non protette. Tant'è che il consulente del P.M. ha concluso che le cause che hanno generato il sinistro oggetto della presente consulenza sono prevalentemente da addebitare al mancato rispetto delle procedure di sicurezza per il rischio di elettrocuzione, sia da parte dell'impresa "Decor Eos Snc", sia da parte della Alfa 164 Srl, previste nei loro rispettivi documenti inerenti la sicurezza negli ambienti di lavoro (pag.14).

Il ricorrente, ancora, pone l'accento sul fatto che la vittima, E.E., era socio della Decor Eos Snc, appaltatrice dei lavori, con specifiche competenze in materia di sicurezza sul lavoro, al punto da essere RSPP; e il sinistro si è verificato per il mancato rispetto, da parte di questi, delle specifiche procedure previste per cautelarsi dal rischio di elettrocuzione. Si chiede il ricorrente chi avrebbe risposto del sinistro mortale, nel caso in cui il deceduto fosse stato altro operaio alle dipendenze della Decor, se non lo stesso E.E. per non avere vigilato sul rispetto delle procedure.

Preso atto che l'addebito che in sentenza viene mosso allo A.A. è di non aver provveduto a sollecitare il distacco della rete elettrica, il difensore ricorrente ritiene che in tema di sicurezza sul lavoro, la disciplina delle fasi operative debba essere regolata dalla concentrazione di quelle attività che - ove rispettate - avrebbero impedito la realizzazione dell'evento. Se il E.E. si fosse mantenuto alla distanza di sicurezza, l'incidente non si sarebbe verificato.

Evidenzia che, rispetto al modello iperprotettivo, che implica un'articolazione delle procedure con appesantimento dei cicli produttivi, si è passati ad un modello collaborativo in cui i lavoratori, adeguatamente formati, sono titolari di stringenti obblighi che, se rispettati, impediscono la verificazione del sinistro.

Evidenzia il ricorrente come in sentenza si sottolinei (pag. 6) che l'incidente costituiva la concretizzazione di un rischio la cui gestione e prevenzione spettava essenzialmente allo A.A.

Secondo la tesi proposta in ricorso il rispetto delle prescrizioni di sicurezza, così come distribuite nel P.O.S., costituiva adeguata tutela a copertura del rischio in una vicenda caratterizzata, più che dall'omissione del ricorrente, dalla condotta commissiva dello stesso E.E., in violazione delle disposizioni che avrebbe dovuto rispettare, specie considerando il suo specifico ruolo di RSPP rivestito all'interno della Decor Eos.

Ai fini di un ragionevole inquadramento della teoria dell'imputazione, nei cicli produttivi - si sostiene - è necessario bilanciare gli obblighi assunti dai soggetti titolari di posizione di garanzia, con quelli che devono dare esecuzione al ciclo lavorativo. Quanto più questi ultimi sono competenti e istruiti sulle cautele da rispettare, tanto meno potranno estendersi i confini di rimproverabilità dei "garanti", non potendo costoro supplire alle negligenze altrui per non avere rispettato gli obblighi assunti.

La dilatazione a dismisura dell'area di rischio - si sostiene - genera il pericolo di eccessiva estensione del perimetro di punibilità oltre la sostenibilità giuridica. È vero, in altri termini, che se lo A.A. avesse fatto disattivare la linea elettrica non si sarebbe verificato il sinistro; ma è altrettanto vero che il sinistro non sarebbe accaduto neanche se chi doveva operare a una distanza di cinque metri avesse rispettato le prescrizioni che gli erano ben note. La distribuzione degli obblighi di garanzia - si sottolinea - deve essere bilanciata secondo una ripartizione che garantisca il lavoratore dalla soggezione ai rischi del ciclo lavorativo. Senza, però, spostare la linea protezionistica, alla tutela dei lavoratori dalle loro inadempienze.

Per il ricorrente esiste un rapporto diretto tra obbligo di vigilanza sul rispetto delle disposizioni di sicurezza e competenza dei lavoratori; tanto più costoro sono formati e con specifiche attribuzioni in materia anti infortunistica, tanto meno sarà il dovere di controllo pressante sull'adempimento delle prescrizioni.

Il sinistro mortale - conclude il ricorso - si è verificato per una condotta commissiva della stessa vittima. La sua diretta partecipazione alla stesura del Piano di Sicurezza metteva al riparo il ricorrente dalla potenziale verificazione di infortuni ove fossero state adempiute le prescrizioni stabilite. Se il Vinci avesse rispettato la distanza di 5 metri, l'incidente non si sarebbe verificato.

Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

3. Le parti hanno reso le conclusioni scritte riportate in epigrafe.

Motivi della decisione

1. I motivi sopra illustrati sono fondati e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Catania cui va demandata anche la regolamentazione delle spese tra le parti in questo giudizio di legittimità.

2. Per quello che rileva in questa sede, i fatti che hanno portato alla tragica morte E.E. - socio della DECOS ECO Snc appaltatrice dei lavori - non sono in discussione e sono stati ricostruiti sin dal giudizio di primo grado nel modo che segue.

Intorno alle 13.35 del (Omissis) i CC della Stazione di Buccheri, su segnalazione della centrale operativa, si portarono su un cantiere in essere sul terreno di proprietà di A.A., sito nella locale Contrada P, alla via B, ove era accaduto un incidente sul lavoro mortale.

Giunti sul posto, gli operanti accertarono la presenza di numerosi operai, di un'autobetonpompa dotata di braccio mobile a proboscide di marca Iveco, modello Magirus 410 E, tg. (Omissis), e di una autobetoniera: i due automezzi erano di proprietà della società "Alfa 164" Srl, di cui era amministratore unico F.F.

Come accertato nell'immediatezza dei fatti sulla base delle informazioni assunte dai soggetti presenti sul posto e come successivamente confermato dagli organi di p.g. delegati dal P.M., gli addetti della ditta Decos Eos Snc, su committenza della ditta individuale "SD Petroli" dell'imputato A.A., stavano eseguendo dei lavori per la collocazione, su una base in calcestruzzo di circa 70 mq., di un caseggiato prefabbricato con struttura in legno da adibire ad uffici di pertinenza di un preesistente deposito di oli minerali per uso commerciale, e per la sistemazione dell'area circostante.

In particolare, sul luogo stavano procedendo alla realizzazione di un basamento in cemento tramite la posa di calcestruzzo, debolmente armato con rete metallica elettrosaldata, battuto per servire da zona carrabile circostante il manufatto prefabbricato, mentre il progetto che era stato approvato dagli uffici comunali prevedeva che l'area antistante il caseggiato fosse costituita da una zona "pedonale pavimentata con pietra naturale" e da una zona "carrabile e a parcheggio... realizzata confondo di ghiaia lavata alfine di rendere la stessa impermeabile".

Comunque, ferma restando tale consistente difformità urbanistica, si è acclarato che soci e titolari della ditta Decos Eos Snc, appaltatrice dei lavori, erano E.E. e G.G., che, per la fornitura del calcestruzzo, si stavano avvalendo della ditta "Alfa 164" Srl, proprietaria della autobetonpompa.

La zona di cantiere era sovrastata da una condotta aerea elettrica da 20.000 volt, sorretta da pali in legno, che, come verificato dagli addetti dell'ENEL intervenuti sul posto, era posta ad un'altezza di circa 9 metri.

Sulla scorta delle dichiarazioni rese nell'immediatezza dai soggetti presenti sul luogo dell'infortunio e poi ribadite in sede di stesura dei verbali di s.i.t., si è accertato che E.E. e G.G., come detto soci amministratori della società appaltatrice Decos Eos Snc, e H.H. e I.I., lavoratori dipendenti della stessa ditta, erano impegnati nella posa in opera, stesura e spalmatura del calcestruzzo, mentre il pompaggio dello stesso era effettuato a mezzo dell'autobetonpompa manovrata da D.D., dipendente della Alfa 164 Srl con mansioni di autista.

Accanto e a supporto dell'autobetonpompa era stata posizionata un'autobetoniera per l'approvvigionamento del calcestruzzo, quest'ultima condotta e manovrata da J.J., anch'egli dipendente della Alfa 164 Srl

Il pompaggio ed il passaggio del calcestruzzo fluido avvenivano attraverso un braccio meccanico a proboscide, snodato su orditura metallica con movimento idraulico, collegato all'autobetonpompa. La parte terminale del braccio era costituita da un tubo in gomma con armatura metallica per consentire di direzionare e calibrare la quantità di calcestruzzo da gettare sul sito in lavorazione: il braccio meccanico era manovrato dal D.D. tramite un apposito telecomando, mentre la parte terminale del braccio era impugnata e spostata dal povero E.E.

Come dedotto dagli ufficiali di p.g. della A.S.L. di Siracusa, dott. K.K. e geom. L.L., e dal consulente tecnico del P.M., ing. M.M., e come chiaramente desumibile dalla visione degli allegati fotografici scattati subito dopo la verificazione del sinistro, il braccio metallico dell'autobetonpompa era stato manovrato dal D.D. in modo da oltrepassare o scavalcare i fili della linea elettrica sovrastante l'area di lavoro, e ciò evidentemente per consentire che la parte terminale del lungo condotto di erogazione fosse puntata sulla zona desiderata, ed era stato posizionato ad una breve distanza da tali fili, "certamente di molto inferiore ai 5,00 metri" (così, come ricorda il giudice di primo grado, si è espresso il consulente tecnico del P.M.). E proprio tale ridotta distanza, si legge ancora nella prima sentenza di merito "presumibilmente a causa delle oscillazioni che il passaggio del calcestruzzo normalmente determina per uno spostamento del terminale gommato, sorretto e direzionato dal E.E.", ha consentito "il contatto" tra la parte terminale del braccio meccanico ed i fili della linea elettrica (in tal senso viene richiamata la relazione del citato consulente tecnico), da cui è derivata la scarica elettrica e la folgorazione della vittima che è crollata esanime al suolo.

G.G., che si trovava nelle immediate vicinanze, è immediatamente corso in aiuto del suo socio, tentando di rianimarlo e di tirargli fuori la lingua; dopo pochi minuti, sono giunti sul posto gli operatori del servizio 118 che hanno vanamente proceduto alle operazioni di rianimazione ed hanno constatato il decesso della vittima.

Il cadavere del E.E. è stato quindi trasportato presso l'obitorio dell'ospedale U di S ove è stato sottoposto ad ispezione cadaverica alle ore 17:30 dello stesso (Omissis). Il medico legale incaricato dal P.M., dott.ssa N.N., ha sottolineato che il decesso della vittima era "riconducibile a fibrillazione ventricolare associata a shock da elettrocuzione", determinato da "un 'improvvisa scarica di energia elettrica" che ha attraversate il povero corpo della persona offesa, determinandone la folgorazione.

3. All'odierno ricorrente A.A., nella qualità di committente e di responsabile dei lavori del cantiere, viene contestato di non avere richiesto all'ENEL "il distacco della corrente elettrica in transito sui cavi dell'alta tensione nell'arco temporale interessato alla posa in opera del calcestruzzo tramite braccio snodabile dell'autobetonpompa", mentre per il coimputato non ricorrente D.D. è passata in giudicato l'affermazione di penale responsabilità per avere fatto passare il terminale oscillante dell'autobetonpompa a distanza inferiore a mi. 5,00 dai cavi dell'alta tensione di modo che, a cagione del naturale movimento oscillante del terminale, si è determinato il contatto tra questi ed i cavi dell'alta tensione, con conseguente folgorazione" della vittima.

Pacifica, quanto alla posizione di A.A., è la sua qualità di committente delle opere. Egli, infatti, nella qualità di rappresentante legale di SD Petroli, aveva commissionato a Decor Eos Snc di E.E. e G.G. i lavori di realizzazione di un prefabbricato da adibire ad ufficio e di rifinitura esterna del piazzale in calcestruzzo presso la sede dell'impresa in Cp Piana di B.

Come ricordano i giudici di merito, è emerso dalla relazione tecnica dell'ingegnere M.M., consulente del Pubblico Ministero, che nel cantiere, ove era in corso di esecuzione la collocazione del prefabbricato destinato ad uffici, operava come sola impresa appaltatrice la Decor Eos Snc, in quanto la Alfa 164 s.r,l. era da considerarsi mera fornitrice del calcestruzzo.

È pacificamente accertato che lo A.A., titolare e legale rappresentante della ditta SD Petroli, nella qualità di committente e responsabile dei lavori, in ogni caso: 1. Aveva trasmesso al Comune di B la dichiarazione di verifica della documentazione prevista dall'articolo 90, comma 9, letter a) e b) D.Lgs. 81/2008  dell'impresa; 2. Aveva predisposto il documento di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI).

La ditta appaltatrice dei lavori, la Decor Eos Snc, di E.E. e G.G., dal suo canto aveva predisposto in data 21 Aprile 2014 lo specifico POS, in conformità all' articolo 96, comma 1 lettera g) D.Lgs. 81/2008  cit. In tale documento, a pagina 6, sono indicate le misure di sicurezza relative alla elettrocuzione; a pagina 11 tali misure sono ribadite alla voce "lavori in prossimità di parti attive"; a pagina 31 si espone come durante l'uso dell'autopompa per getto dovrà essere rispettata la distanza di 5 metri dalle linee aeree non protette.

Per ciò che concerne la ditta Alfa 164 Srl quest'ultima, essendo coinvolta nei lavori esclusivamente in quanto fornitrice di calcestruzzo e non partecipando attivamente ai lavori di cantiere, non era soggetta all'obbligo del POS, ma non di meno, in conformità al disposto di cui all'articolo 26, comma 3-bis, e dall'articolo 96, comma 1, lettera g) del D.Lgs. cit. era dotata di documento indicante la procedura per la fornitura di calcestruzzo in cantiere, avente lo scopo di indicare alle imprese esecutrici le procedure di sicurezza a cui avrebbero dovuto attenersi i lavoratori coinvolti nelle diverse fasi in cui si articola il rapporto tra il fornitore e l'impresa cliente.

4. Orbene, il quesito che un caso come quello che ci occupa ha posto ai giudici di merito e pone oggi a questa Corte di legittimità nel valutare la congruità della risposta motivazionale di questi involve in primo luogo i limiti della posizione di garanzia del committente, essendo pacificamente tale il ruolo dello A.A.

Costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte quella che vuole, in materia di responsabilità colposa, che il committente di lavori dati in appalto debba adeguare la sua condotta a fondamentali regole di diligenza e prudenza nello scegliere l'appaltatore e più in genere il soggetto al quale affida l'incarico, accertando che tale soggetto sia non soltanto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa) Egli ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (cfr. ex multis Sez. 3, n. 35185 del 26/4/2016, Marangio, Rv. 267744 in un caso relativo alla morte di un lavoratore edile precipitato al suolo dall'alto della copertura di un fabbricato, nella quale è stata ritenuta la responsabilità per il reato di omicidio colposo dei committenti, che, pur in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa, si erano rivolti ad un artigiano, ben sapendo che questi non era dotato di una struttura organizzativa di impresa, che gli consentisse di lavorare in sicurezza).

La giurisprudenza di questa Corte, tuttavia, distingue ormai da anni il committente professionale da quello privato.

Si ritiene che il committente privato - in quanto tale non professionale - che affidi in appalto lavori di manutenzione domestica, non sia tenuto a conoscere, alla pari di quello professionale, le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale. Gli si chiede tuttavia, se non vuole assumere su di sé tutti gli obblighi in materia di sicurezza e rispondere penalmente degli eventuali infortuni dei lavoratori, di scegliere adeguatamente l'impresa, verificando che essa sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A., che sia dotata del documento di valutazione dei rischi e che non sia destinataria di provvedimenti di sospensione o interdittivi ai sensi dell' art. 14, D.Lgs. 9 aprile 2008, n.81. Si profilerà,, inoltre, una sua responsabilità penale quando vi sia prova che si sia ingerito nell'organizzazione o nell'esecuzione del lavoro o in presenza di un'agevole ed immediata percepibilità delle situazioni di pericolo (cfr. Sez. 4, n. 26335 del 21/04/2021, L., Rv. 281497 - 02; conf. Sez. 4, n. 5946 del 18/12/2019, dep. 2020, Frustante, Rv. 278435 - 01.

Diversa e più pregnante è la posizione di garanzia del committente-imprenditore a carico del quale il decreto legislativo 81/2008 pone la valutazione del c.d. rischio da interferenze e, in particolare all'art. 26, prevede che egli elabori un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, comunque, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Il committente professionale, inoltre, ha l'obbligo di fornire dettagliate informazioni sui rischi esistenti nell'ambiente in cui i lavoratori dell'appaltatore sono destinati ad operare.

Nel caso di specie è pacifico che incombeva sul cantiere di C.da P di B il rischio derivante dalla presenza di un linea elettrica che sovrasta il deposito di oli minerali ad uso commerciale gestito da SD Petroli dello A.A. e che tale rischio non ineriva ad un'attività specialistica dell'impresa appaltatrice, giacché proveniva dalla conformazione stessa dell'ambiente di lavoro. E rimane consolidato e pienamente condivisibile il principio che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rischio derivante dalla conformazione dell'ambiente di lavoro grava sul committente, perché, inerendo all'ambiente di lavoro, non è riconducibile alla natura specialistica dei lavori commissionati all'impresa appaltatrice (così Sez. 4, n. 5802 del 29/01/2021, Cribari, Rv. 280925 - 01, su cui ci si soffermerà, che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del committente per il reato di lesioni colpose in relazione all'infortunio occorso a un lavoratore dipendente della ditta appaltatrice, addetto all'autobetoniera, investito da una scarica elettrica in quanto il braccio del mezzo, manovrato con radiocomando da altro lavoratore dipendente della stessa impresa, era stato alzato sino a giungere in prossimità di un elettrodotto sovrastante il cantiere di proprietà del committente).

5. Il caso affrontato dalla sentenza 5802/2021 cit. - alla cui motivazione si rimanda, così come alla cit. Sez. 4 n. 26335/2021 per l'ampia analisi che entrambe le sentenze offrono dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale della figura del committente e delle sue responsabilità - presenta molte analogie, negli accadimenti che hanno portato alla morte del lavoratore, con quello che ci occupa, ma anche aspetti che fortemente lo differenziano rispetto a quello che ci occupa quanto alle omissioni del committente.

Anche in quel caso era stato accertato che il conducente dell'autobetonpompa aveva manovrato con negligenza il braccio snodabile della stessa portandolo quasi a sfiorare l'elettrodotto, la cui presenza era ben visibile; l'amministratore della società datrice di lavoro, tuttavia, era stato ritenuto definitivamente responsabile per non aver individuato nel Piano Operativo di Sicurezza (POS) misure preventive e protettive specifiche in relazione ai rischi connessi alle lavorazioni in prossimità di linee elettriche in tensione con particolare riferimento allo specifico cantiere, omettendo peraltro di fornire adeguata informazione ai lavoratori impegnati nelle operazioni di getto di calcestruzzo in relazione ai rischi specifici. E alla società committente e proprietaria del cantiere, il cui amministratore era il ricorrente, si era imputata l'omessa nomina dei coordinatori per la sicurezza tanto in fase di progettazione quanto in fase di esecuzione nonché l'omessa verifica delle condizioni di sicurezza in cui si svolgeva una parte delle lavorazioni.

Dunque, nel caso giudicato da questa Corte nel 2021 il rischio elettrocuzione e nello specifico del possibile contatto del braccio del mezzo con i cavi dell'alta tensione - o il rischio di un avvicinamento tale da creare l'arco voltaico - non era stato preso in considerazione da alcuno e non comparivano prescrizioni ad hoc per governarlo.

Diversamente, nel caso che ci occupa, il ricorrente si è difeso nel corso di tutto il processo asserendo di avere assolto ogni onere prodromico a governare quel rischio previsto dalla normativa di riferimento. In particolare, in primis, si era accertato dell'idoneità tecnico professionale dell'impresa appaltatrice ed aveva fornito alla stessa dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui questa era destinata ad operare. Aveva inoltre promosso la cooperazione ed il coordinamento ai fini dell'attuazione delle misure precauzionali, attraverso l'elaborazione di un unico documento di valutazione dei rischi indicante le misure adottate per eliminare o ridurre al minimo le interferenze.

Pacificamente acclarato è che la morte del E.E. sia avvenuta per cause addebitabili al mancato rispetto delle procedure di sicurezza per il rischio di elettrocuzione che, come visto, erano chiaramente indicate. Chi eseguiva i lavori, non attenendosi alla normativa di riferimento, conduceva i bracci metallici dell'autobetonpompa ad una distanza inferiore ai 5 metri previsti dall'art. 83 D.Lgs. 81/2008 consentendo, a causa delle oscillazioni provocate dal passaggio del calcestruzzo o per uno spostamento del terminale gommato manovrato dal E.E., il contatto con i fili della linea elettrica e la conseguente scarica che ha determinato il decesso del E.E. medesimo.

Altrettanto pacifico è che, se fosse stato operato il distacco della corrente elettrica l'evento mortale non si sarebbe verificato.

6. Il tema dirimente perché possa dirsi sussistente l'obbligo per lo A.A. di chiedere all'ENEL il distacco della corrente che passava dall'elettrodotto, ammesso che fosse tecnicamente possibile e concretamente richiedibile in casi come quello che ci occupa (aspetto su cui nessuno dei provvedimenti di merito offre delucidazioni), attiene all'adeguatezza o meno della prescrizione che imponeva il rispetto dei cinque metri.

Orbene, ad avviso del Collegio, a fronte delle articolate doglianze proposte con l'atto di appello del 3/8/2017 a firma dell'Avv. Trantino, che richiama anche quanto affermato nella relazione di consulenza tecnica dell'Ing. M.M., la scarna motivazione del provvedimento impugnato, che alle pagg. 6 e 7 si limita a richiamare in via generale principi giuridici affermati in relazione alla figura del committente senza calarli nella specificità del caso, risulta carente - e perciò sul punto dovrà tornare il giudice del rinvio - laddove non spiega perché, considerata la particolarità del lavoro, ma anche la peculiarità dei soggetti coinvolti (essendo addirittura il Vinci il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) dovesse essere prevedibile che il manovratore dell'autobetonpompa, e con lui lo stesso E.E., non rispettasse la prescrizione di non effettuare lavorazioni a meno di cinque metri dall'elettrodotto.

Come si è visto in precedenza, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità pone a carico del committente imprenditore oneri più pregnanti rispetto al privato, in ragione della sua maggiore professionalità.

Quest'ultima, tuttavia, va valutata in relazione al caso concreto.

In quello che ci occupa lo A.A. è un imprenditore del settore idrocarburi e non gli si può riconoscere una particolare competenza in relazione a lavorazioni di tipo edilizio. Egli aveva commissionato alla società di cui era contitolare il E.E. la realizzazione di una piattaforma di calcestruzzo e la posa in opera sulla stessa di un prefabbricato da adibire ad ufficio. E aveva constatato che la documentazione a tutela dei lavoratori, conforme alle prescrizioni di cui D.Lgs. 81/2008, aveva preso in considerazione il rischio che ha poi determinato l'evento, predisponendo le cautele a protezione del lavoratore.

Le sentenze impugnate danno atto che dall'esame del Documento di Valutazione dei Rischi e del Piano Operativo di Sicurezza emerge che il rischio da elettrocuzione era stato ampiamento scandagliato, prescrivendosi che non potessero essere eseguiti lavori non elettrici in vicinanza di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti di cui alla tabella 1 dell'allegato IX, salvo che venissero adottate disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi (il richiamo è alla pag. 11 del POS sottoscritto dalla vittima). E a pag. 31 dello stesso piano - si evidenzia - è specificato che durante l'uso dell'autopompa per getto doveva essere rispettata la distanza dì 5 metri da linee aree elettriche non protette.

Ebbene, il tema che si pone per il Collegio, qualora la previsione contenuta nel POS dovesse essere ritenuta adeguata - ed è valutazione che può operare, dandone adeguato conto in motivazione, solo il giudice di merito, che è giudice del fatto e che ha a disposizione l'intero compendio probatorio - è quello di valutare se il committente, nel caso concreto, potesse fare affidamenti sul rispetto della prescrizione di non lavorare a meno di 5 metri dal visibilissimo elettrodotto. Soprattutto da parte del RSPP, la cui funzione principale è quella di elaborare e mettere in atto tutte le procedure necessarie a proteggere i lavoratori, analizzando gli ambienti e cercando di prevenire eventuali condizioni di rischio che possano minare la sicurezza e la salute dei dipendenti (vedasi, ex multis, Sez. 4, n. 40718 del 26/04/2017, Raimondo; Rv. 270766-01 e Sez. 4, n. 1834 del 16/12/2009, dep. 2010, Guarnotta, Rv. 245999-01).

Il Testo Unico relativo alla Salute e Sicurezza sul Lavoro del 2008 - va ricordato - indica i compiti del RSPP. In particolare, quest'ultimo deve occuparsi della gestione delle persone, dei sistemi e dei mezzi esterni o interni all'azienda utili a svolgere le attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali lavoratori.

Il responsabile ha l'obbligo di redigere il Documento delle Valutazione dei Rischi, in collaborazione con il datore di lavoro, il medico competente e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. DUVRI che, come visto, c'era e contemplava specificamente il rischio da elettrocuzione.

Ad avviso del Collegio non è possibile creare degli statuti penali differenziati a seconda della materia. E ciò vale anche per il principio di affidamento.

In materia di responsabilità colposa per infortuni sul lavoro, laddove il garante abbia preso in considerazione uno specifico rischio e abbia, al fine di gestirlo, introdotto e rese conoscibili delle adeguate prescrizioni, egli, soprattutto quando ha a che fare con soggetti qualificati ed essi stessi garanti rispetto a quel rischio (e tale è il RSPP, ausiliare del datore di lavoro e firmatario del POS, che aveva egli stesso l'obbligo di fermare il lavoratore che, manovrando l'autobetonpompa, stava palesemente violando la prescrizione di lavorare ad una distanza non inferire ai 5 metri dal visibilissimo elettrodotto e eventualmente di informare lo A.A. affinché provvedesse ad intervenire presso l'ente erogatore della energia elettrica per sollecitare la temporanea disattivazione in quanto quel particolare tipo di attività non poteva garantire il rispetto del limite dei 5 metri- cfr. sul punto Sez. 4, n. 15226 del 15/02/2007, Fusilli, Rv. 236170 - 01 e Sez. 4, n. 39567 del 04/04/2007, Aimone, Rv. 237770 - 01) deve poter fare affidamento, fino a prova contraria, che quelle prescrizioni siano rispettate.

Ha ragione il ricorrente quando evidenzia che rispetto al modello iperprotettivo, che implica un'articolazione delle procedure con appesantimento dei cicli produttivi, si è passati ad un modello collaborativo in cui i lavoratori"adeguatamente formati, sono titolari di stringenti obblighi che, se rispettati, impediscono la verificazione del sinistro (Sez. 4, n. 8883 del 10/02/2016; Santini, Rv. 266073 - 01 nella cui motivazione la Corte ha precisato che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto passando da un modello "iperprotettivo", interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, ad un modello "collaborativo" in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori).

Ai fini di un ragionevole inquadramento della teoria dell'imputazione, nei cicli produttivi è necessario bilanciare gli obblighi assunti dai soggetti titolari di posizione di garanzia, con quelli che devono dare esecuzione al ciclo lavorativo. Quanto più questi ultimi sono competenti e istruiti sulle cautele da rispettare, tanto meno potranno estendersi i confini di rimproverabilità dei "garanti", non potendo costoro supplire alle negligenze altrui per non avere rispettato gli obblighi assunti.

7. Fondato, infine, è il rilievo difensivo secondo cui, se allo A.A. dovesse ritenersi ascrivibile una penale responsabilità per non avere vigilato durante lo svolgimento dei lavori, occorre confrontarsi con la giurisprudenza consolidata dì questa Corte secondo cui l'obbligo di vigilanza da parte del committente dei lavori non può condurre ad esigere da quest'ultimo un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori.

È stato, infatti, condivisibilmente affermato, in più decisioni, che, in tema di infortuni sul lavoro, a seguito dell'entrata in vigore del D.lgs. 14 agosto 1996, n. 494, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori (cfr. ex multis Sez. 4, n. 27296 del 02/12/2016, dep. 2017, Vettor, Rv. 270100 - 01; Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015, Heqimi, Rv. 264974 - 01).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Catania cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.

Così deciso il 11 luglio 2024.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2024.

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