La posizione di garante nella prevenzione dell’infortunio sul lavoro, in base al principio di effettività, coincide con colui che di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto.
Così la recente sentenza della Suprema Corte (Cass. pen., Sez. IV, Sent., 10/03/2023, n. 10102) che richiama:
- la sentenza Sez. 4, n. 31863 del 10/04/2019, Rv.276586 : "In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, indipendentemente dalla sua funzione nell'organigramma dell'azienda.”
(Fattispecie relativa ad infortunio di dipendente di una ditta addetta al posizionamento di cartelli di segnalazione, con lavoro in quota, in cui anche il "project manager" responsabile di funzione, per quanto non superiore diretto dell' infortunato, è stato ritenuto preposto, in quanto aveva, di fatto, commissionato il lavoro da cui era originato l' infortunio e aveva provveduto a realizzare corsi di formazione nell'ambito del reparto, riguardanti l'uso della cesta per le lavorazioni in quota)";
- la sentenza Sez. 4, n. 22079 del 20/02/2019, Rv. 276265-01: "In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto.
(Fattispecie relativa all'assunzione di fatto degli obblighi di garanzia del datore di lavoro da parte del legale rappresentante di una ditta subappaltatrice di lavori di posa in opera della copertura in legno di un fabbricato, nei confronti di un artigiano da lui incaricato di provvedere allo scarico di un automezzo, nonostante tale attività non fosse di competenza nè della sua impresa nè della sua committente)".
In questa sentenza la Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere sul ricorso presentato dal delegato di una società, committente dei lavori di pitturazione del capannone dell’azienda, che era stato condannato per il delitto di omicidio colposo a seguito di un infortunio mortale nel quale perse la vita il lavoratore autonomo a cui erano stati commissionati i lavori di tinteggiatura, a seguito di gravissime lesioni riportate per la caduta da un'altezza di circa sei metri, avvenuta a causa dell'utilizzo di un trabattello non a norma.
L’imputato era stato, difatti, delegato dall’amministratore della società, causa problemi di salute (suo padre), alla sicurezza sul lavoro con poteri di scegliere le imprese per eseguire lavori per conto dell’azienda.
Nell’occasione la Corte Suprema ha ritenuto di fare una breve ricognizione della disciplina normativa del committente richiamando la disposizione di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89, che definisce il committente come colui "per conto del quale l'opera viene realizzata" precisando che l'espressione "per conto", ha plurimi significati, potendo valere ad indicare colui "per incarico" del quale viene realizzata l'opera o, anche, colui "a favore del quale" l'opera viene realizzata (così, in motivazione Sez. 4, n. 10039 del 13/11/2018).
Precisa la Corte di Cassazione che si tratta, in ogni caso, di un soggetto che ha interesse alla realizzazione dell'opera o perché è colui che stipula il contratto o perché si avvantaggia della sua realizzazione oppure, ancora, come nel presente caso, perché è stato delegato ad occuparsene. E da qui la posizione di garante nella prevenzione dell’infortunio sul lavoro quale delegato.
L’imputato ha proposto ricorso avverso la sentenza di condanna formulando alcune motivazioni. Con un primo motivo la difesa ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in merito del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, comma 9, lett. a), secondo periodo, e art. 40 c.p. in relazione alla ritenuta sussistenza del profilo di colpa specifica e comunque all'efficacia causale della violazione rispetto al verificarsi dell'evento atteso che la penale responsabilità dell’imputato era stata confermata sotto entrambi i profili di colpa specifica, riconducibili il primo alla culpa in eligendo, il secondo alla culpa in vigilando.
L'addebito mosso atteneva all'omessa verifica - ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, comma 9, dell’idoneità tecnico-professionale della ditta individuale a svolgere i lavori di tinteggiatura alla stessa commissionati e all'omessa "acquisizione" della documentazione di cui all'allegato 17^, punto 2, lett. b) e c), D.Lgs. n. 81 del 2008 che impone ai lavoratori autonomi di "esibire almeno: E...) b) specifica documentazione attestante la conformità alle disposizioni di cui al presente decreto legislativo di macchine, attrezzature e opere provvisionali; c) elenco dei dispositivi di protezione individuali in dotazione".
Dal canto suo il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, comma 9, prevede che il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa o ad un lavoratore autonomo: a) verifica l' idoneità tecnico professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all'allegato 17^.
Nei cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari di cui all'allegato 11^, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato 17^.
Si è sottolineato in motivazione della sentenza come gli elementi raccolti abbiano dimostrato che la vittima non possedeva attrezzature conformi al D.Lgs. n. 81 del 2008, non essendo stata rinvenuta in loco l’imbracatura ed essendo il trabattello sprovvisto di parapetti e dei necessari presidi anticaduta; inoltre le dichiarazioni del delegato-garante erano in linea con tali conclusioni, avendo egli dichiarato che la vittima gli aveva semplicemente e genericamente "detto" che il suo trabattello era a norma.
Ha poi ricordato la Suprema Corte come sia nota la linea interpretativa della giurisprudenza della Corte che vuole, in materia di responsabilità colposa, che il committente di lavori dati in appalto debba adeguare la sua condotta a fondamentali regole di diligenza e prudenza nello scegliere il soggetto al quale affidare l' incarico, accertandosi non soltanto che lo stesso sia munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche che egli possegga una capacità tecnico-professionale adeguata al tipo astratto di attività commissionata.
Si tratta di una verifica, ha precisato, che non si risolve nella mera presa d'atto della iscrizione della ditta incaricata nel registro delle imprese, dovendo trattarsi di un accertamento effettivo, rapportato anche alla difficoltà e pericolosità dei lavori dati in affidamento (cfr. Sez. 4 -, n. 28728 del 22/09/2020).
In motivazione si è precisato che il committente deve verificare la struttura organizzativa dell’impresa incaricata e la sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell'opera commissionata - in particolare, in caso di lavori in quota, il committente deve assicurarsi dell'effettiva disponibilità, da parte dell'appaltatore, dei necessari dispositivi di sicurezza; nello stesso senso Sez. 3, n. 35185 del 26/04/2016, così massimata: "In materia di infortuni sul lavoro, il committente ha l'obbligo di verificare l' idoneità tecnico-professionale dell' impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati.”
La sentenza in esame non ha neppure omesso di considerare la c.d. "causalità della colpa". Ha, difatti, precisato che le regole cautelari violate individuate nella sentenza impugnata sono rappresentate dalla culpa in eligendo, non essendosi il ricorrente previamente accertato della capacità tecnico-professionale dell' impresa all'atto dell'affidamento dell' incarico, ma anche della culpa in vigilando, sostanziatasi nel non avere sospeso e impedito la prosecuzione dei lavori in presenza della evidente inadeguatezza dell'attrezzatura adoperata dalla vittima per eseguire le lavorazioni in quota, inadeguatezza facilmente percepibile dal ricorrente.
In relazione a tale profilo, ha sostenuto la Suprema Corte, che sebbene non possa esigersi da parte del committente un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, si è precisato che il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente ove le situazioni di pericolo siano di agevole ed immediata percepibilità (Sez. 4, n. 27296 del 2/12/2016 dep. il 2017, Vettor, Rv. 270100; conf. Sez. 4, n. 44131 del 15/7/2015, Heqimi ed altri, Rv. 264974-75).
Con il secondo motivo di ricorso l’imputato ha eccepito l’erronea applicazione degli artt. 40 cpv. c.p., D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89, lett. b, e art. 16 in relazione all' individuazione della qualifica di committente in capo all' imputato invece che al di lui padre.
Ha sottolineato che per costante giurisprudenza di legittimità "nelle società di capitali il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all' interno dell'azienda, e quindi con i vertici dell'azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni" (così, da ultimo, Sez. 4, sentenza n. 2157 del 23/11/2021-19/1/2022).
Ha ritenuto invece la Suprema Corte, nella sentenza in commento, che il principio di effettività che va poi a identificare la posizione di garante nella prevenzione dell’infortunio sul lavoro può essere esteso anche al caso in esame, a prescindere dalla circostanza che il contratto di appalto fosse stato firmato dall'amministratore della società, essendo stato il ricorrente investito di pieni poteri in ordine alla scelta del prestatore d'opera e di conferimento dell'incarico.
Ha dedotto che la circostanza che il ricorrente non avesse il potere di impegnare l'azienda nella stipula del contratto, è superata dall'evidenza dei fatti, perché il contratto è stato concluso e i lavori sono stati affidati dallo stesso ricorrente. Pertanto, competeva al delegato/garante, il quale ha effettivamente scelto la ditta appaltatrice ed ha conferito l’incarico, l'obbligo di verificare le competenze e la professionalità della ditta opzionata, con tutto ciò che ne consegue in termini di responsabilità per la posizione di garante nella prevenzione dell’infortunio sul lavoro ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 90, comma 9.
Acclara, ulteriormente, sempre la Suprema Corte in una precedente ma recente pronuncia (Cass. Pen., Sez. IV, Sent., 05/01/2023 n. 100) che la posizione di garante nella prevenzione dell’infortunio sul lavoro può essere generata da investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante e deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro.