L’esclusione di responsabilità del lavoratore nell’infortunio sul lavoro per mancata informazione, formazione e addestramento è un argomento che riteniamo necessiti di un approfondimento in quanto si presentano situazioni in cui i datori di lavoro, nonostante abbiano omesso la necessaria formazione, contestino al lavoratore di essere stato negligente, di aver posto in essere condotte imprudenti, o imperito nell’espletamento delle proprie mansioni, e ciò alfine di escludere la propria responsabilità.
Va innanzitutto sottolineato che all’obbligo di informazione provvede l'art. 36 T.U. 81/2008, titolato “Informazione ai lavoratori”.
Stabilisce espressamente detta norma un dovere del datore di lavoro di provvedere affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione sui rischi relativi al tipo di attività imprenditoriale; sulle procedure di soccorso anche in caso di incendi; sull’evacuazione dai luoghi di lavoro; sulle figure aziendali qualificate da specifiche competenze in tema di sicurezza.
Ma non è tutto. Egli deve fornire al lavoratore anche informazioni personalizzate sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, informazioni che, peraltro, devono essere facilmente comprensibili. La rappresentazione del rischio si estende quindi alla specifica prestazione lavorativa ed al luogo di lavoro.
Non v’è dubbio, quindi, che il lavoratore debba ricevere informazioni precise e puntuali, altresì personalizzate, in relazione alla sua prestazione lavorativa e nel caso di cambiamento delle mansioni la specifica informazione deve essere rinnovata.
Quanto invece all’obbligo di formazione dei lavoratori è l’art. 37 T.U 81/2008 a decretarlo. Stabilisce, difatti, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, in particolare sull’idea stessa di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione ed indirizzata a gestire la sicurezza.
Rilevano in particolare i commi 1, 7, 9 e 10, le cui violazioni sono sanzionate dall’art. 55, comma 5, lett c), senza dimenticare ulteriori obblighi formativi che si rinvengono in altre norme del T.U. 81/2008, quali gli artt. 73, 164, 169, 177, 184, 195.
Certo è che in tutti i settori, la normativa prevede l’obbligo di formazione e aggiornamento per i lavoratori assunti o in occasione del cambio mansione, ovvero in caso di introduzione di nuove attrezzature.
Accanto agli obblighi di informazione e formazione è, inoltre, previsto un obbligo di addestramento specifico che l’art. 2 T.U citato definisce come “complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro;”, mentre il 5° comma dell’art. 37 impone che l'addestramento venga effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro.
Con le innovazioni introdotte, poi, dal D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215 si è ulteriormente stabilito al suindicato comma 5 che “L’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato.”
Si è quindi richiesto che l’addestramento consista in una prova pratica e che le attività previste debbano essere tracciate.
Può ancora annotarsi, per completezza, che il personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, non esime il datore di lavoro dagli obblighi di prevenzione e salvaguardia che la legge gli impone.
L'apprendimento personale del lavoratore, le proprie esperienze e le prassi di lavoro non valgono a sostituire le attività di informazione e di formazione legislativamente previste, le quali vanno compiute nella cornice formalizzata vista dalla legge. E la prova dell'assolvimento degli obblighi di informazione, formazione e addestramento del lavoratore non può ritenersi data dalla dichiarazione del lavoratore infortunato che indichi una pluriennale esperienza dell'uso dell'attrezzatura cui è addetto.
Il che significherebbe, come recita la Suprema Corte (Cass. pen. Sez. IV, Sent. 27-10-2021, n. 38422) cancellare tutte le tutele normative rivolte alla tutela della salute dei lavoratori, rimettendo la loro sicurezza alla loro esperienza, obiettivo certamente contrario a tutta la legislazione in materia di sicurezza sul lavoro, che non distingue fra lavoratore inesperto ed esperto, né potrebbe farlo, se non a costo di violare il principio costituzionale di eguaglianza.
Se da una parte il lavoratore è, per dirla sinteticamente, creditore della sicurezza, quale beneficiario delle norme che tutelano la sua posizione di subordinato all’interno dell’organizzazione, proteggendolo anche da suoi comportamenti rischiosi, imprudenti, dall’altra è debitore di sicurezza per una serie di obblighi che sono fissati dall’art. 20 T.U. 81/2008 dovendosi egli prendere cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro.
Precisamente si individuano nella norma succitata obblighi più puntuali, quali: contribuire all'adempimento degli obblighi prevenzionistici; osservare le disposizioni e le istruzioni ricevute; utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro e i dispositivi di sicurezza; affrontare situazioni di pericolo nell’ambito delle proprie competenze e, comunque, segnalarle al datore di lavoro o a chi di competenza; non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza; non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza; partecipare ai programmi di formazione e di addestramento; sottoporsi ai controlli sanitari previsti.
Ne consegue che il datore di lavoro che abbia valutato correttamente il rischio connesso all’attività lavorativa, fornito i relativi dispositivi di sicurezza e, quindi, adempiuto a tutti gli obblighi relativi alla sua posizione di garanzia è esente da responsabilità per l’infortunio subito dal lavoratore.
In questo caso, ove si verifichi l'infortunio, saremmo o in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile.
Va però a tal fine ricordato il principio, affermato dalla nota sentenza a Sezioni Unite n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp), in base al quale, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.
Ne consegue che la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile e si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltreché nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Cass. pen. Sez. IV, Sent., 24-06-2019, n. 27787).
Tanto è vero che il comportamento imprudente, negligente, e imperito del lavoratore non è abnorme e tale da attivare un rischio eccentrico se posto in essere nell'ambito delle mansioni affidate (Cass. pen., Sez. IV, Sent.,14/04/2023, n. 15830). In questi casi, l’eventuale imprudenza del lavoratore non viene considerata “causa”, ma mera “occasione” dell’infortunio ed è quindi irrilevante per legge.
E’ comunque opportuno ricordare che la Suprema Corte (Cass. Pen., Sez. IV, 10/02/2016, n. 8883) ha sottolineato che il sistema della normativa antinfortunistica si è evoluto passando da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, quale soggetto garante investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori.
Precisa, però, ulteriormente il giudice di legittimità che tale principio, normativamente affermato dal Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro di cui al D.Lgs 09.04.2008 n. 81, naturalmente non ha escluso, per la giurisprudenza di questa Corte, che permanga la responsabilità del datore di lavoro, laddove la carenza dei dispositivi di sicurezza non può certo essere sostituita dall'affidamento sul comportamento prudente e diligente del lavoratore.
In linea di principio - al di là dell’atto abnorme del lavoratore, esorbitante e al di fuori del processo lavorativo che esclude in toto la responsabilità del datore di lavoro - può coesistere una colpa del datore di lavoro e del lavoratore atteso che la giurisprudenza più recente riconosce la concorrente colpa del lavoratore laddove abbia concorso all’evento infortunistico per sua imprudenza.
In effetti, si sottolinea (Dr. Rocco Blaiotta, in Diritto penale e sicurezza del lavoro, Giappichelli, 2023) che, come emerge da alcuni spunti della giurisprudenza (seppur la sentenza che si richiama Cass. pen., Sez. IV, 29/01/2013 n. 16237 è in tema di responsabilità medica) la concorrente colpa del lavoratore rileva sotto diversi profili.
L'articolo 133 codice penale richiede che ai fini della determinazione della pena sia determinata la gravità del reato; ed individua tra i fattori rilevanti il grado di colpa. La graduabilità della colpa si desume altresì dagli articoli 43 e 61 numero 3 che, secondo l'opinione prevalente, configurano la colpa cosciente come un grado particolare e non come una figura autonoma di colpa. Si individua così un'esigenza di graduazione inerente alla personalizzazione del rimprovero che può essere mosso all’ agente, e quindi afferente alla colpevolezza.
Ma, come sappiamo, ogni fattispecie è una situazione a sé stante.
Ad esempio, con recente pronuncia, la Suprema Corte (Cass. pen., Sez. IV, Sent.,18/04/2023, n. 16305) ha acclarato che va escluso che possa discutersi di responsabilità (o anche solo di corresponsabilità) del lavoratore per l'infortunio quando il sistema della sicurezza approntato presenti gravi criticità.
Ancora i giudici di Piazza Cavour (Cass. pen., Sez. IV, Sent. 07/03/2023, n. 9449) chiariscono che: “ La condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza e garanti dell'incolumità dei lavoratori. Ciò in quanto tali disposizioni, secondo orientamento conforme della giurisprudenza di questa Corte, sono dirette a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo il datore di lavoro prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli.”
Nessun dubbio, a nostro parere, può porsi sull’esclusione di responsabilità del lavoratore nell’infortunio sul lavoro per mancata informazione, formazione e addestramento anche laddove il lavoratore sia stato negligente, imperito nell’espletamento delle proprie mansioni o, comunque, abbia posto in essere in essere condotte imprudenti se non via sia stata informazione, formazione e addestramento: né di corresponsabilità si può discutere.
Quanto ciò sia vero può essere confortato dal dettato normativo dell’art. 20 T.U. 81/2008 che nel precisare gli obblighi del lavoratore di prendersi cura della sicurezza e salute propria e degli altri precisa: “…conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.”
Su tali basi si perviene così a Cass. pen., Sez. IV, Sent., 19/10/2022, n. 39489 secondo cui il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell'espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi.
E analoga censura va rivolta al caso in cui i mezzi forniti dal datore di lavoro presentino delle gravi criticità sui dispositivi di sicurezza.
In questo quadro legislativo e giurisprudenziale riteniamo possa cogliersi l’esclusione di responsabilità del lavoratore nell’infortunio sul lavoro per eventuali cause colpose a lui riconducibili laddove sia mancata l'informazione, la formazione e l'addestramento, né possa imputarsi un concorso di colpa. E ciò in forza del noto principio “ in claris non fit interpretatio”.